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Draghi, Letta e Renzi tra fatti e foto

Letta Renzi

I Graffi di Damato. Tre foto legate dal filo della perdurante precarietà degli equilibri politici

C’è un filo che lega, nonostante le apparenze contrarie, tre foto di giornata, delle quali due vere, riprese dal vivo, e una terza d’archivio, non essendocene di scattate in diretta, sul luogo.

La prima foto è dell’incontro a Tripoli fra il presidente del Consiglio Mario Draghi, nella sua prima missione all’estero, col nuovo premier libico finalizzato alla ripresa di quella che lo stesso Draghi ha chiamato “antica amicizia” fra i due Paesi, al netto del passato remoto coloniale e del passato meno remoto della partecipazione italiana a quell’intervento internazionale voluto soprattutto dai francesi contro Gheddafi per farlo fuori, ma far fuori con lui, pur colpevole di nefandezze come tutti i dittatori, anche la stabilità o sicurezza di un’area dove l’Italia aveva ed ha interessi vitali. Fra i quali, oltre al petrolio, c’è il controllo dell’emigrazione clandestina verso l’Europa e il suo confine meridionale. Che è appunto l’Italia, di cui ora si spera che Draghi ripristini davvero, d’intesa con gli Stati Uniti, la “centralità” perduta sull’altra costa del Mediterraneo sotto altri governi a vantaggio della Turchia e della Russia.

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La seconda foto, che è poi quella mancante perché relativa a un evento un po’ clandestino, è dell’incontro fra il nuovo segretario del Pd Enrico Letta e Matteo Renzi. Del quale ultimo la foto più recente, per non risalire sempre a quella del frettoloso e irritato passaggio delle consegne a Palazzo Chigi nel 2014, è quella sul terrazzo di casa con la moglie insegnante che è risultata contagiata dal Covid, più tempestivo del vaccino pur ricevuto.

Le possibilità che fra i due si ripristini, per tornare al linguaggio di Tripoli, l’“antica amicizia” mi sembrano francamente più scarse di quelle fra Libia e Italia. Le prospettive politiche che i due si sono scambiate sono opposte: l’uno, Letta, intenzionato a proseguire nella collaborazione più o meno privilegiata con i grillini e Renzi ormai ricredutosi del tutto dal rapporto pur da lui praticamente promosso a sorpresa, quando ancora stava nel Pd, nell’estate del 2019, pur di evitare le elezioni anticipate e la prevedibile vittoria di un centrodestra allora a forte trazione leghista.

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Giusto per seminare di chiodi la strada del suo interlocutore, Renzi gli ha proposto per le importanti elezioni amministrative d’autunno, con l’occhio naturalmente rivolto anche al Campidoglio, di giocare per la sindacatura di Bologna la carta tutta sua di una sindaca dei dintorni, chiamata curiosamente Conti, al plurale di Conte, piuttosto che concordare un candidato, o una candidata, con i grillini.

La terza foto di giornata è quella dei disordini a Roma davanti alla Camera, con scontri tra esercenti di ristoranti e simili rovinati dalle misure antipandemiche e la Polizia: scontri deplorati da tutti, per carità, ma sulle cui motivazioni la divisione è generale, fuori e anche dentro la composita maggioranza del nuovo governo.

Il filo che lega le tre foto, o due e mezza, è la perdurante precarietà, e a volte persino ambiguità, degli equilibri politici, visto – per esempio – che nella sua missione a Tripoli Draghi è riuscito a procurarsi le proteste di una parte del Pd e persino del giornale dei vescovi italiani. L’accusa è di non essersi fatto carico abbastanza del trattamento disumano riservato in Libia tanto ai migranti che riescono a partire, cioè a scappare, quanto a quelli che vi tornano.

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