Nel giorno della Festa della Liberazione il leader leghista Matteo Salvini ha annunciato la corsa…
Giorgetti, il ministro che sussurra al leader con lo spauracchio di finire come Fini
Nel pomeriggio il Consiglio federale: al centro i continui scontri a distanza tra Salvini e Giorgetti, il vicesegretario federale della Lega vuole un cambio di registro, ma teme di fare la fine di Fini
Sono tanti i parallelismi che potrebbero essere tracciati tra Giancarlo Giorgetti e Gianfranco Fini e vanno ben oltre il nome composto. Nelle ultime ore se ne è aggiunto un altro: quel «Se vuoi mi faccio da parte» pronunciato a denti stretti da Matteo Salvini, nella telefonata assai tesa col numero 1 dello Sviluppo Economico. Impossibile non pensare al «Che fai, mi cacci?» ormai entrato negli annali della politica, anche se allora a scandirlo non fu il leader del partito ma il suo vice, Gianfranco Fini. E lì iniziò la sua parabola discendente, accelerata anche dal fango che i giornali e le tv del Cav gli scagliarono addosso.
GIANCARLO COME GIANFRANCO
Giancarlo come Gianfranco, personalità moderate, più adatte a sussurrare nelle orecchie dei potenti che a raccogliere voti, ma incapaci di essere concavi e convessi come il leader di partito richiederebbe, a seconda dell’umore del giorno, del sondaggio, del puerile capriccio. Giancarlo come Gianfranco. A loro modo, coi loro distinguo, coi loro silenzi, ingombranti. Anche perché entrambi, alle dichiarazioni continue, quotidiane e roboanti dei rispettivi numero 1 hanno sempre contrapposto poche esternazioni, ma capaci di fare molto più rumore.
GIORGETTI SOGNA UN PARTITO – CONFINDUSTRIA?
Gianfranco Fini si porta dietro, un po’ come una medaglia, un po’ come una cicatrice, la svolta di Fiuggi, Giancarlo Giorgetti probabilmente vorrebbe fare altrettanto: la Lega che sogna dovrebbe rompere una volta per tutte coi sovranismi, tornare a guardare in cagnesco i post-fascisti ma, soprattutto, ritirarsi nuovamente al di là del Po. Nessuna Pontida, si intende. Basta con gli elmi, i riti celtici e le secessioni: concentrarsi sul Settentrione, per Giorgetti vorrebbe dire tornare a fare esclusivamente gli interessi degli imprenditori del Nord, che poi è la base elettorale dimenticata da Salvini ma che Giorgetti sta continuando a coltivare, soprattutto ora che quel mondo è orfano di rappresentanza, con Forza Italia ai minimi storici. La poltrona da ministro allo Sviluppo Economico, in tal senso, è una manna per il vicesegretario leghista.
Giorgetti vuole un partito europeista e liberale: ha visto che lo spazio, in effetti, c’è. E poco importa se nessuno, in quell’area, è mai andato troppo lontano, come l’esperimento di Mario Monti ricorda. C’è pur sempre un centro in fermento. Salvini continui pure a fare le sue videochiamate col premier ungherese Viktor Orban e quello polacco Mateusz Morawiecki: Giorgetti è consapevole che gli industriali del Nord vogliono una Europa forte, senza muri, con lo spread basso, perché aiuta gli affari. Le strade dei due sono già segnate e vanno in direzione opposta. Resta da capire quando, e come, si divideranno.