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Premierato: troppi nodi irrisolti. Le proposte dei “volenterosi”
Tanti i nodi irrisolti della riforma che domani sul premierato che domani arriva in aula. Un testo non condiviso con le opposizioni che rischia di ignorare questioni potenzialmente dirompenti, come il voto agli italiani residenti all’estero
Due emendamenti e due lettere aperte, una alla maggioranza e una all’opposizione. Così le associazioni Io Cambio, Libertàeguale, Fondazione Magna Carta e Riformismo e libertà entrano nel dibattito sul premierato. Mercoledì inizierà la discussione in aula sulla riforma costituzionale che vuole cambiare la forma di governo italiana mentre è fissato a martedì il termine per la presentazione degli emendamenti. Le associazioni, in un convegno al Senato, hanno illustrato due emendamenti che, al momento, non sono entrati nella lista di quelli presentati al voto parlamentare.
I DUE EMENDAMENTI ALLA RIFORMA DEL PREMIERATO
Il primo riguarda la riscrittura dell’art 92 e affronta due questioni: “la circoscrizione Estero e il bicameralismo paritario. Due peculiarità del nostro sistema istituzionale che creano problemi non risolvibili da parte della sola legge elettorale. Il testo della riforma se ne deve fare carico prevedendo apposite norme che diano copertura costituzionale alla disciplina elettorale ordinaria idonea a dare soluzione a quei problemi”. Il secondo emendamento propone “di ampliare il collegio di elezione del Presidente della Repubblica ai membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia e a un numero di delegati delle autonomie locali pari a quelli dei delegati regionali” e “di innalzare al 55% la maggioranza richiesta dopo il sesto scrutinio, in modo da ampliarne e rafforzarne la base di legittimazione”.
IL MODELLO DI GOVERNO DEL PRIMO MINISTRO NEL SOLCO DELLA TRADIZIONE DEL CENTRO SINISTRA
Il modello del governo del primo Ministro non è nuovo al centrosinistra, da D’Alema, alla proposta Cossutta-Bertinotti, la proposta avanzata dall’Ulivo del 1996 e poi dal Pd nel 2008. Oggi, invece, si assiste a una sorta di ostruzionismo proprio da parte delle forze progressiste. “Si sono misurate due visioni unilaterali ma se si vuole trovare un’intesa, bisogna superarle – dice a Policymakermag Enrico Morando, ex viceministro all’Economia, senatore con il Pds e il Pd e attualmente presidente di Libertàeguale -. La maggioranza ha pensato di potere procedere per conto proprio con un meccanismo di elezione diretta e trova soluzioni che presentano limiti seri. Contemporaneamente il centrosinistra secondo me non ha fatto uno sforzo per valorizzare ciò che andava valorizzato”. La riforma del governo che preveda l’elezione diretta del premier presenta, secondo gli estensori dei due emendamenti, diversi limiti. A partire dalla relazione dall’effetto “trascinamento” dell’elezione del Premier sulla maggioranza parlamentare. “Qui stiamo uscendo dalla forma di governo neoparlamentare – dice ancora l’on. Morando -. Se si vuole proseguire sulla base del modello del governo del Primo Ministro di tipo europeo occorre correggerlo”.
RIFORMA DEL PREMIERATO: IL REBUS, NON RISOLTO, DEL VOTO DEGLI ITALIANI ALL’ESTERO
Le contraddizioni non si fermano qui. Come spiegato ampiamente dall’on Calderisi su Policymakermag, è stato ignorato il tema del voto degli italiani all’estero. “Sono quasi cinque milioni di persone che potrebbero determinare l’esito elettorale. Cinque milioni di persone che, secondo Costituzione, hanno potere di voto diverso dagli italiani residenti dato che eleggono solo 12 parlamentari”. Il voto degli italiani residenti all’estero potrebbe, quindi, avere un effetto determinante sull’elezione del Primo Ministro. “La violazione del principio una testa, un voto è fissata in Costituzione e questa riforma la ignora”, conclude l’on. Morando.
L’INSTABILITÀ DEI GOVERNI ITALIANI È LA REASON WHY DI UNA RIFORMA CHE PUNTI AL PREMIERATO
“Non è pensabile che la Costituzione sia modificata senza avere un consenso anche ampio tra i cittadini. E poi ricordiamolo che è possibile, io direi probabile, che arrivi un momento in cui si chieda ai cittadini di pronunciarsi col referendum – dice a Policymakermag Nicola D’Amico, ex senatore con La Margherita e poi con L’Ulivo rappresentante del comitato civico “Io cambio”-. Noi vorremmo che quell’eventuale referendum si svolgesse nel merito della riforma e non sull’appartenenze politica. Quindi richiamiamo le forze politiche e i cittadini ad affrontare e a confrontarsi nel merito delle questioni”. L’instabilità dei governi italiani è una delle reason why della proposta di riforma.
“Il paese non ha avuto governi dalla stabilità ed efficacia confrontabile al resto d’Europa, anche a causa delle regole istituzionali e della forma di governo che fu scelta in Costituente, governi. D’altra parte, molti dei costituenti avevo già presente quel problema”. Diversi sono stati i tentativi, falliti, di riformare la forma del governo cercando l’accordo delle diverse forze politiche. “Le Bicamerali non hanno prodotto, purtroppo, alcun esito. Io ho lavorato alla Bicamerale D’Alema che saltò per motivi sostanzialmente politici – continua l’on. D’Amico -. Le Bicamerali richiedono spirito costituente. Il centrosinistra si è, sostanzialmente, trincerato sulla posizione che questa è la Costituzione migliore del mondo e quindi nessuna riforma è possibile o accettabile. Quindi una Bicamerale avrebbe richiesto un’atmosfera diversa. Abbiamo provato a ricordare al centrosinistra che questi modelli neoparlamentari sono nella sua storia”.
RIFORME ISTITUZIONALI: IMPOSSIBILE CHE SIANO CONDIVISE SE I GRUPPI DIRIGENTI NON DIALOGANO TRA LORO
La scrittura a più mani delle regole del gioco democratico richiede che tutte le parti in causa siano animate dal medesimo spirito riformista. “L’opposizione percepisce le proposte fatte dalla maggioranza come l’occasione per batterla – aggiunge l’on. D’Amico -. Esiste, probabilmente in Italia uno spirito conservatore e di orgoglio per la costituzione vigente. È successo così diverse volte, da entrambe le parti. La cosa paradossale è che, in questo caso, la soluzione proposta dal centrodestra è sostanzialmente una proposta vagheggiata, desiderata, disegnata dal centrosinistra. Si può riuscire a superare questo meccanismo in cui ciascuno rifiuta sdegnosamente le cose che aveva proposto ieri?”. Domanda pleonastica. “Noi speriamo di sì. Il problema esiste. La legittimazione del governo democratico in Italia è inadeguata ad affrontare i problemi del paese e costringe a politiche di breve termine. Ma abbiamo gruppi dirigenti che non riescono a parlarsi tra di loro”, conclude l’on. D’Amico.