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Retromarcia di Conte o di Grillo?

Conte Draghi

I Graffi di Damato. Era dunque Draghi, non lo statuto 5 Stelle la causa della rottura fra Grillo e Conte

Un senatore del Pd tanto riservato quanto autorevole com’è Luigi Zanda, già capogruppo al Senato e tesoriere del partito, deve avere notizie sicure, di prima mano, se ha dichiarato al Corriere della Sera di “non credere che ci sarà la scissione” sotto le cinque stelle. Egli ha praticamente scommesso sui sette “saggi” di un’improvvista commissione costituita dal “garante” del MoVimento Beppe Grillo per la composizione della lite scoppiata con l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte sullo statuto predisposto da quest’ultimo dopo una fitta corrispondenza telematica col comico genovese e depositato in “bozze” ultimative. Che sembrano poi diventate penultimative.

“Quella tra Conte e Grillo – ha detto Zanda – è una sfida molto personale e ritengo che nessuno dei due voglia buttare a mare una storia che li ha portati a un successo politico. Ci saranno aggiustamenti dello statuto, non ci saranno scissioni. Ma la questione più importante è quale sarà il posizionamento politico del MoVimento 5 Stelle. Io mi aspetto ci sia la conferma della fiducia nel governo Draghi”.

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L’attesa, magari anche certezza di Zanda simulata come auspicio, è confermata da un retroscena del Messaggero firmato da Marco Conti, secondo cui la “mediazione” di Fico e di Di Maio, i principali dei sette saggi al lavoro, già ricevuti a cena da Grillo, starebbe sfociando nella riassunzione di Conte come leader del MoVimento, con tutte le procedure pasticciate della “comunità”, come la chiama l’ex presidente del Consiglio, e nella “blindatura” del governo Draghi. Che sarebbe stata e sarebbe pertanto la vera posta in gioco dello scontro consumatosi a parole sullo statuto e sulle capacità politiche e organizzative di Conte improvvisamente contestate da Grillo dopo quattro mesi di “volontariato”, come Travaglio ha definito il lavoro svolto dal professore e avvocato in veste di rifondatore del MoVimento. L’ex premier, sempre secondo la ricostruzione retroscenista del Messaggero, sarebbe stato “costretto a rinunciare alla crisi progettata per il semestre bianco”.

A parole quindi, ripeto, la guerra dei nervi e quant’altro sotto le cinque stelle sarebbe scoppiata per la presunta “diarchia” rivendicata da Grillo come garante e fondatore e contestata da Conte, in realtà per l’intenzione dell’ex presidente del Consiglio avvertita dal comico di promuovere una crisi più o meno pilotata durante gli ultimi sei mesi del mandato quirinalizio di Sergio Mattarella – magari solo un “rimpasto” – per ridimensionare Draghi e correggerne la rotta politica, al riparo dal rischio di elezioni anticipate. Che sono precluse durante il cosiddetto e imminente “semestre bianco”.

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Il “rischio” di una composizione della lite fra Grillo e Conte a beneficio di Draghi deve essere stato avvertito con fastidio da Marco Travaglio. Che sul Fatto Quotidiano, pur con l’aria di prendersela col segretario del Pd piuttosto che con Grillo, si è doluto che si stia paradossalmente decidendo di “non regalare un premier di centro destra” quale sarebbe Draghi “al centrodestra approvandone le politiche senza fiatare, anzi ringraziando e sorridendo”. E ciò anche dopo la firma apposta da Matteo Salvini all’intesa dei sovranisti patrocinata in Europa da Giorgia Meloni, Orban e amici. Il documento non è stato neppure letto dal ministro leghista Giancarlo Giorgetti, tanto lo considera ininfluente sul piano della politica interna, ed esagerate perciò le proteste levatesi dal Pd.

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