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Weber e Tajani ricuciono lo strappo di Meloni in Europa
Il vertice tra la Premier Giorgia Meloni e il presidente del PPE Manfred Weber cementa la candidatura di Raffaele Fitto, resta disattesa la richiesta di Ursula Von der Leyen di due candidati per la parità di genere
Al primo posto nella to do list della ripartenza di Ursula von der Leyen c’è la composizione della prossima Commissione europea. I Paesi membri hanno tempo fino a domani 30 agosto per presentare i due nomi candidati come commissari al fine di garantire la parità di genere. Un’indicazione della commissaria Ursula von der Leyen che, in realtà, gli Stati membri hanno disatteso. Dei ventiquattro nominati, diciassette sono uomini e sette sono donne. La ‘quote rosa’ sono meno del 30% per questo la commissaria von der Leyen sta cercando di fare pressione sui paesi, specie i più piccoli, per esortarli a rivedere le loro nomine e inserire qualche nome femminile “La presidente è convinta che nel mondo moderno abbiamo bisogno di avere quante più donne possibili in posizioni di responsabilità. È in contatto con gli Stati membri e sta facendo tutto ciò che è in suo potere per avere un collegio ben bilanciato, con persone competenti e che includerà quante più donne possibile”, ha sottolineato ieri nel briefing con la stampa il portavoce di von der Leyen, Eric Mamer.
DA ITALIA, BELGIO E BULGARIA ANCORA NESSUNA INDICAZIONE UFFICIALE SUI COMMISSARI UE
Quella dei commissari mancanti è una vicenda che tocca da vicino il nostro paese. Insieme all’Italia non hanno “fatto i compiti a casa” la Bulgaria e il Belgio. Quest’ultimo attende la formazione di un nuovo governo dopo il voto di giugno mentre in Bulgaria il nuovo esecutivo ha prestato giuramento solo due giorni fa. Tra i ritardatari, ma comunque più puntuali di noi, ci sono il Portogallo con l’ex ministra delle Finanze Maria Lui’s Albuquerque, e la Danimarca che ha proposto il ministro della Cooperazione, Dan Jorgensen. La Spagna ha ufficializzato la nomina della vicepremier e ministra della Transizione ecologica, Teresa Ribera.
IL VERTICE TRA WEBER, MELONI E TAJANI
Il nostro paese dovrebbe andare avanti con il nome di Raffaele Fitto, attuale ministro per gli affari europei, le politiche di coesione e il PNRR. L’ex governatore della Puglia ha ottenuto anche “l’investitura” da Manfred Weber dopo il vertice della Premier Meloni con il presidente del partito popolare e capogruppo popolare in Parlamento. Pontiere è stato il vicepremier Antonio Tajani, che sta riuscendo a ritagliarsi un ruolo centrale nella partita europea. L’obiettivo della Premier era ricucire lo strappo causato dal mancato voto di Fdi alla commissaria Ursula von der Leyen e, dalle dichiarazioni di Weber, pare esserci riuscita. “Per me come leader del Ppe è impossibile ignorare, isolare l’Italia. È un Paese centrale in Europa, uno dei padri fondatori. In Italia c’è una popolazione pro-europea, non c’è nessun partito che vuole uscire dall’euro come invece in altri Paesi – ha detto Weber in un’intervista al Corriere della Sera -. Rispetto a due anni fa la percezione che si ha in Europa di Giorgia Meloni è che sia cambiata notevolmente e che Tajani abbia contribuito molto. Adesso lei è rispettata come primo ministro, il suo governo di centrodestra è visto come pro-europeo, un governo credibile che sta cercando di risolvere i problemi”. Sulla probabile designazione di Raffaele Fitto come commissario Ue da parte dell’Italia sottolinea: “È un mio ottimo amico, un forte difensore degli interessi dell’Italia, una persona responsabile, molto preparata. Non vedo problemi nella scelta di rispettare la scadenza del 30 agosto”.
LE TRE STRADE PER IL DOPO FITTO: INTERIM, SPACCHETTAMENTO O IL TECNICO
I ritardi di Palazzo Chigi nell’ufficializzare la candidatura di Fitto sono dovuti a più fattori. Prima di tutto la delicatezza dell’incarico e del lavoro svolto da Fitto dal ministro pugliese. Non a caso il primo incontro della Premier Meloni al rientro dalle vacanze è stato proprio con il ministro per gli Affari europei. Per sostituirlo Palazzo Chigi sta valutando un interim della Premier o la divisione delle funzioni ora affidate a Fitto tra i ministri di FdI (sulle deleghe per il sud avrebbe messo gli occhi il ministro Nello Musumeci, ministro per la protezione civile e le politiche del mare senza portafogli). Un’altra ipotesi è quella di sostituire Fitto con un nuovo ministro, un tecnico come Cingolani. Quella di Fitto è “una candidatura che risolve i conflitti, ben vista da tutti, dalle forze politiche di minoranza, di maggioranza e dalle istituzioni” come aveva già anticipato il vicepresidente del gruppo PPE Massimiliano Salini a Policymakermag. Il via libera alla sua designazione dovrebbe arrivare nel Cdm di venerdì prossimo.
IL NODO DELLA VICEPRESIDENZA ESECUTIVA PER RAFFAELE FITTO
Un’altra ragione per la quale il Governo sta ritardando l’ufficializzazione del nome di Raffaele Fitto attiene al pressing che Palazzo Chigi sta conducendo per far avere al commissario italiano una vicepresidenza. Nell’ultima Commissione i vicepresidenti erano sette mentre tre erano quelli esecutivi, cioè quelle a cui facevano capo le tre direzioni generali: Margrethe Vestager con la direzione Concorrenza e la Digitalizzazione, il lettone Valdis Dombrovskis con deleghe al Commercio e all’esecuzione del Recovery Plan, e infine l’olandese Frans Timmermans (poi sostituito dallo slovacco Maros Sefcovic) con la delega al Green Deal e alla Transizione. Gli altri quattro vicepresidenti erano Josep Borrell, Vera Jurová, Dubravka Suica e Margaritis Schinas, al di là delle loro specifiche deleghe, hanno avuto un ruolo tutto sommato marginale. I tre vicepresidenti esecutivi rappresentavano i partiti della coalizione che sostenevano la sua candidatura di von der Leyen (socialisti, popolari e liberali). Questo escluderebbe Fitto dalla corsa alla vicepresidenza perché i Conservatori europei non hanno sostenuto Ursula von der Leyen. Tuttavia, la logica potrebbe cambiare e le vicepresidenze potrebbero essere assegnate ai Paesi più grandi, e quindi Francia, Spagna e forse Polonia.