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Consumi in caduta libera. I dati di Confimprese-EY

Consumi Confimprese

L’Osservatorio permanente sull’andamento dei consumi elaborato da Confimprese-EY registra ancora un calo drammatico dei consumi. Il 2020 si chiude a -38,9% rispetto al 2019

L’Osservatorio permanente sull’andamento dei consumi nei settori ristorazione, abbigliamento e non food (retail cosmetica, arredamento, servizi, cultura) elaborato da Confimprese-EY registra un calo drastico dei consumi.

A dicembre 2020, rispetto al 2019, si è registrato un -46,6%, un leggero miglioramento rispetto al -67,1% di novembre. Il 2020 si chiude a -38,9% rispetto al 2019.

I SETTORI IN CRISI

Il crollo più importante a dicembre arriva dalla ristorazione -66,8%, l’abbigliamento chiude a -45%, il non food a -29,3%.

Sempre in grande sofferenza il travel con -67,2%. Su base annua chiude a -59,7%.

Nei trend per regioni (a sorpresa) le peggiori sono Friuli-Venezia Giulia e Veneto -55,5%. Venezia, icona dell’arte nel mondo, collassa a dicembre a -62,4% e -46,9% su base annua.

A Milano è ancora fortemente negativo il mese di dicembre, che registra un trend del -46,6%, sia pure in ripresa rispetto a novembre (-67,1%).

L’anno 2020 si chiude a -38,9% rispetto al 2019 con la ristorazione in maggiore sofferenza a -46,8%, seguita dall’abbigliamento a -38,3% e altro non food a -26,9%.

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LA CRISI DEI CENTRI COMMERCIALI E DEI RISTORANTI

Centri commerciali e outlet crollano per effetto del protrarsi delle restrizioni che li obbligano alla chiusura nel weekend, con simmetrico aumento di traffico e assembramenti nei centri città. Effetto negativo che si ripercuote sull’aggregato di dicembre fermo a -54,7% e -41,1% su base annua.

Quanto alle categorie merceologiche nel mese di dicembre, la ristorazione paga il prezzo più alto dovuto all’effetto boomerang delle chiusure nel weekend. L’andamento disastroso a -66,8% la relega a maglia nera dell’intero comparto retail, mentre l’abbigliamento si ferma a -45%, migliori le performance -29,3% di altro non food, che continua a godere dell’onda lunga delle minori restrizioni dal primo lockdown in poi.

LE HIGH STREET

A guadagnare dalla chiusura dei centri commerciali in dicembre sono le high street che, in controtendenza rispetto ai mesi precedenti, registrano un calo del -32,2% rispetto ad altre località -37,3%.

Si assiste, in buona sostanza, a un mutato atteggiamento del consumatore che, privato dei luoghi di aggregazione abituali, si è rivolto ai centri città per trovare i negozi che di solito frequenta nei centri commerciali e outlet.

Sempre in grande sofferenza il travel con -67,2%. Su base annua chiude a -59,7%.

LE REGIONI ITALIANE

Le aree geografiche riflettono la situazione di lieve miglioramento riscontrata per i settori merceologici e chiudono a -46,6%. Rispetto alle rilevazioni dei mesi precedenti, si osserva una maggiore omogeneità dei trend in tutte le aree.

La flessione più marcata si registra nell’area Nord-Est (Emilia-Romagna, Triveneto) con -52,5%, seguita dall’area Centro (Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Sardegna) con -47,1%, dall’area Sud (Campania, Calabria, Sicilia, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata) con -45,9% per finire con l’area Nord-Ovest (Lombardia, Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta) che chiude il mese a -43,7%.

BILANCI ROSSI

“Con un mese di dicembre a -46,6% – chiarisce Mario Maiocchi, direttore Centro Studi Retail di Confimprese – si chiude l’anno più difficile per il retail non food e ristorazione. Il totale anno a -38,9%, con punte -46,8% per la ristorazione e -59,7% per il canale travel, preannuncia pesantissimi effetti sui bilanci delle aziende del settore con conseguenti presumibili ricadute su occupazione e investimenti.

Le prime indicazioni sui primi 10 giorni di gennaio, con un calo di traffico nei centri commerciali intorno al -50%, non danno segnali di miglioramento nel breve periodo”.

IL PROBLEMA DEGLI AFFITTI

“Sono sempre più necessari e urgenti – continua Maiocchi – interventi di supporto al settore con particolare riferimento alla tematica degli affitti che, con cali di fatturato di tale entità, non possono e non devono rimanere un costo fisso che rischia di travolgere anche aziende sane e con opportunità di crescita e occupazione nel medio periodo”.

L’E-COMMERCE

L’e-commerce, dopo l’exploit di novembre (+92,6%) rimane invece stabile come numeri assoluti rispetto a novembre, ma cresce pur sempre del +54,9% rispetto a dicembre di un anno fa.

Le iniziative come il cashback sembrano aver funzionato per riportare i consumatori ad acquistare nei negozi fisici.

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LA RIPRESA DEI NEGOZI

“Facciamo il bilancio di un anno molto difficile – ha dichiarato Paolo Lobetti Bodoni, Med business consulting leader di EY -. Tuttavia, si registra uno scenario diverso rispetto al fisiologico +40% raggiunto usualmente nel mese di dicembre su novembre. Quest’anno le vendite nei negozi fisici sono più che raddoppiate (+110%), mentre le vendite online in valore assoluto sono rimaste simili (+2% vs novembre 2020).

Da ciò possiamo ritenere che il consumatore tornerà ad acquistare nei negozi fisici, non appena le restrizioni si allenteranno, e che iniziative come il cashback hanno un effetto tangibile nel promuovere le vendite. Notiamo inoltre una ripresa per i negozi in centro città, che hanno rappresentato un’alternativa ai centri commerciali chiusi, per fare shopping nei grandi marchi del retail”.

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I DATI SULLE REGIONI ITALIANE

A livello regionale i trend riflettono l’andamento delle aree geografiche. Cinque regioni lasciano sul terreno perdite superiori al 50% e sono Friuli-Venezia Giulia e Veneto -55,5%, seguite a breve distanza da Toscana -53,6%, Campania -51,5%, Emilia-Romagna -50,4%.

Tutte le altre subiscono perdite sotto il 50% ma pur sempre significative. A cominciare dall’area Sud con Abruzzo -48,6%, Umbria -47,6%, Puglia -47,2% Molise -47%, Basilicata -46%. Per proseguire con Centro e Nord: Lazio -45,6%, Lombardia -45,2%, Trentino-Alto Adige -43,7%, Liguria -43,2%, Valle d’Aosta -42,8%, Sardegna -42,3%, Sicilia -41,8%, Marche -41,3%. A sorpresa le regioni maggiormente agli antipodi dello Stivale, Piemonte e Calabria, se la cavano meglio delle altre, entrambe a -40,2%.

I DATI DELLE CITTÀ

Venezia, icona dell’arte nel mondo, collassa a dicembre a -62,4% e -46,9% su base annua. Ma a breve distanza c’è sempre Firenze -59,6%. Seguono Reggio Emilia -57,1%, Genova -55,6%, Verona -55,5% Parma -53,6%, Bologna -53%. Con perdite inferiori al 50% troviamo Roma -45,8%, Palermo -45,6%, Milano -40,3%, Napoli -38,3%, Torino -38,2%.

I DATI PROVINCIALI

Il trend delle province mostra la concentrazione dell’andamento peggiore a Caserta -63,4%, sede di importanti centri commerciali, meglio le province di Napoli -47,2% e Salerno -45,5%. Tuttavia, subito dopo ricompaiono le città simbolo dell’arte e del turismo italiano. In Toscana la provincia di Firenze chiude dicembre a -61,6%, Livorno -47,8%, Lucca -41,8%.

La situazione delle province lombarde riflette l’andamento su base annua: Como -57%, Pavia -54,2%, Brescia -53,1% Milano -46,4%, Monza Brianza -44,4%, Bergamo -38,6%.

Tra le province siciliane la peggiore è Catania che lascia sul terreno una perdita secca del -50,7%, seguita da Palermo -43,6%, Ragusa -43%, Agrigento -41%. Staccate Trapani -30,5%, Messina -28,9% e Siracusa -24%. Nelle province laziali si distingue per performance negative Frosinone che con -46,4% precede Roma -45,8% e Latina -40,9%.

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