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Conte esclude i sovranisti da ogni maggioranza. Quando lodava i populisti

Conte Populisti

A Montecitorio Conte apre la porta del suo governo ai moderati e la chiude sul naso dei renziani e dei sovranisti: eppure c’è stato un tempo in cui il premier lodava i populisti…

Un allargamento dai popolari ai socialisti. Questa è la piattaforma su cui Giuseppe Conte spera di imbastire il Conte ter o, quantomeno, permettere al Conte bis di tirare a campare fino al semestre bianco per la scadenza del settennato di Sergio Mattarella, dopodiché si vedrà. Il premier tratteggia (sogna?) una maggioranza che abbia come perno moderati ed europeisti, perimetro che potrebbe essere quello del suo venturo partito. “Questa alleanza sarà chiamata a esprimere una imprescindibile vocazione europeista”, ha detto il presidente del Consiglio alla Camera cercando supporto e supporter.

Replica dopo la discussione generale in aula

Il mio intervento in replica a seguito della discussione generale.
🔴 In diretta dalla Camera dei Deputati

Pubblicato da Giuseppe Conte su Lunedì 18 gennaio 2021

“Forze politiche, quindi, che sono chiamate a operare una chiara scelta di campo contro le derive nazionaliste e le logiche sovraniste”. Conte dunque non chiude la porta in faccia solo a Matteo Renzi e ai suoi, ma anche ai partiti di destra di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Eppure c’è stato un periodo in cui il premier, allora numero 1 di quello che era stato ribattezzato “Governo del Cambiamento“, tesseva persino le lodi del populismo e dei populisti. Ma andiamo con ordine.

ORA CONTE AI POPULISTI PREFERISCE I POPOLARI

“Sarebbe un arricchimento per questa alleanza, lo voglio affermare molto chiaramente, poter acquisire anche il contributo politico di formazioni che si collocano nel solco delle migliori e più nobili tradizioni europeiste: liberale, popolare, socialista”. Così Conte a Montecitorio, nella seduta del mattino, delineando perimetri molto precisi della nuova maggioranza che spera di creare, che potrebbe arrivare a includere Forza Italia ma non Lega e Fratelli d’Italia, insomma niente populisti (da quando i 5 Stelle non lo sarebbero più resta un mistero). A scanso d’equivoci, sempre il premier ha poi detto: “Questa alleanza sarà chiamata a esprimere una imprescindibile vocazione europeista. Forze politiche, quindi, che sono chiamate a operare una chiara scelta di campo contro le derive nazionaliste e le logiche sovraniste”.

 

Comunicazioni alla Camera dei Deputati

🔴 In diretta dalla Camera dei deputati

Pubblicato da Giuseppe Conte su Lunedì 18 gennaio 2021

Medesimo concetto espresso negli appelli ai responsabili nella replica pomeridiana: “Dalle vostre scelte dipende il futuro del Paese: il mio progetto, a forte vocazione europeista, è chiaro e nitido per un Paese moderno”. E, ancora, “Per quanto riguarda questo progetto ho detto che ha una forte vocazione europeista, perché l’Italia in questo momento si può giovare di una forte sintonia con l’indirizzo politico della Commissione europea”, ha chiarito un’ultima volta il premier Giuseppe Conte.

QUANDO IL PREMIER LODAVA I POPULISTI

Insomma, populisti e sovranisti fuori dal Conte ter ad alta vocazione europeista. Eppure c’è stato un tempo in cui l’avvocato degli italiani (ormai avvocato solo di sé stesso, dato che continua ad apparire alle Camere per difendere il proprio operato nella speranza di vedere rinnovato il proprio mandato a governare) tesseva le lodi dei populisti. Accadeva agli albori del Conte I, un’era fa, data la propensione del premier a cambiare maggioranze e financo ideali. Ecco cosa diceva.

 

In diretta dal Senato della Repubblica dove esporrò il mio discorso programmatico

Pubblicato da Giuseppe Conte su Martedì 5 giugno 2018

“Le forze politiche che integrano la maggioranza di governo sono state accusate di essere populiste e anti-sistema. Sono formule linguistiche che ciascuno può declinare liberamente. Se populismo è l’attitudine della classe dirigente ad ascoltare i bisogni della gente, prendo spunto da riflessioni di Dostoevskij tratte dalle pagine di Puskin, se anti-sistema significa mirare a introdurre un nuovo sistema, che rimuova vecchi privilegi e incrostazioni di potere” – si chiedeva retoricamente il neo premier, con Matteo Salvini seduto alla sua sinistra, Luigi Di Maio alla sua destra e Giancarlo Giorgetti davanti a lui -, ebbene queste forze politiche meritano entrambe queste qualificazioni”. Delle due l’una: o Dostoevskij sbagliava o Conte non è più né per la rimozione di privilegi e delle incrostazioni di potere, né attento ad ascoltare i bisogni della gente. Forse perché troppo concentrato sulla necessità di sopravvivere politicamente.

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