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Come Conte fa vedere le stelle a Di Maio sulla Tav

Conte Tav

I graffi di Damato su Di Maio che ha voluto ribadire il no del Movimento di fronte all’impietoso sacrificio impostogli da Conte su Tav

Alla faccia dello scoop del Corriere della Sera – non a torto sgradito all’editore Urbano Cairo, secondo le indiscrezioni di Gianluca Zappa di startmag.it – sulla stagione politica di Matteo Salvini finita sotto l’accetta astuta di Giuseppe Conte. Che gli avrebbe scippato il successo elettorale del 26 maggio scorso nelle elezioni europee, isolato nel nuovo Parlamento di Strasburgo e costruito una maggioranza di riserva per sé, col Pd, in caso di crisi avventatamente aperta dai leghisti.

Tanto per inaugurare, diciamo così, il nuovo corso profetizzatogli generosamente dall’ex direttore del più diffuso giornale italiano, Paolo Mieli, il presidente del Consiglio ha dato partita vinta proprio a Salvini, che giustamente esulta, sulla Tav, o sulla versione maschile preferita dal Fatto Quotidiano. Che, non potendo né ignorare né smentire la realtà, ha dovuto titolare in prima pagina: “I 5 Stelle sotto il Tav”, sbloccato dal presidente del Consiglio col ferale annuncio, per i grillini, che al punto in cui sono arrivate le cose, con gli impegni internazionali già assunti dall’Italia e con i nuovi stanziamenti europei, non realizzare la linea ferroviaria ad alta velocità per il trasporto delle merci dalla Francia all’Italia costerebbe più che farla. Amen per gli esperti del ministro grillino delle Infrastrutture Danilo Toninelli, reduce peraltro dal muscolare licenziamento dell’unico, fra quei suoi esperti, pronunciatosi a favore dell’utilità ed economicità dell’opera.

PUNGOLA LA STAMPA ITALIANA

Non meno pungenti, diciamo pure dolorosi quanto un’asportazione, sono i titoli degli altri giornali. Cominciamo con l’apertura di Repubblica– “Scusa Grillo, la Tav si farà”- e il commento di Claudio Tito, sulla prima pagina dello stesso giornale: “L’anima perduta dei Cinque Stelle”. Ancora: “Il Conte Tav” con foto del presidente del Consiglio sul sempre irriverente manifesto. E sulla Stampa il furioso, sconsolato commento, sopra e sotto il palco del teatro, o davanti o dietro le quinte dei suoi spettacoli, del fondatore in persona, garante e quant’altro del partito delle 5 stelle, o come diavolo preferiscono chiamarlo: “Grillo: questo non è più il mio movimento”.

DI MAIO NON MOLLA SU TAV

In verità, secondo lo scoop del Corriere così clamorosamente e rapidamente, direi anche impietosamente, smentito dai fatti il Movimento pentastellato, con la maiuscola, sarebbe anch’esso passato nelle mani o sotto il comando di Conte, con buona pace del vice presidente grillino del Consiglio Luigi Di Maio, confermato digitalmente al vertice del partito anche dopo i 6 milioni e più di voti perduti nelle urne del 26 maggio. Ma Di Maio non sembra proprio intenzionato a mollare l’osso. Anche di fronte all’impietoso sacrificio impostogli da Conte sulla Tav egli ha voluto ribadire il no del Movimento, sempre al maiuscolo, e chiedere un sia pur masochistico passaggio in Parlamento, dove notoriamente i favorevoli all’opera sono più numerosi dei contrari. E non credo proprio che il Pd, peraltro sbeffeggiato dallo stesso Di Maio ogni volta che dal suo interno si levano aperture ai grillini per un cambio di maggioranza, sia disposto a usare proprio l’alta velocità delle merci da trasportare sulle rotaie dalla Francia all’Italia giusto per confermare con una clamorosa capriola politica lo scoop del Corriere della Sera.

E INCALZA SALVINI SULLA RUSSIA

Il povero Di Maio, sempre in abito rigorosamente blu e in cravatta, si è potuto soltanto togliere la soddisfazione di far sognare uno scoop questa volta al Foglio, ad un giornalista del quale, ricevuto in un corridoio della Camera, ha dato questa anticipazione dell’odierno rapporto di Conte al Senato sui presunti finanziamenti cercati dalla o per la Lega a Mosca: “Mi sembra -ha detto- che il caso Russia sia solo all’inizio e che altri fatti emergeranno, e forse renderanno ancora piò opaca la posizione di un ministro evidentemente non adeguato al ruolo”, evidentemente del Viminale. Sarebbe “il Truce”, come al Foglio chiamano Matteo Salvini, del quale immagino gli scongiuri alla lettura delle previsioni o degli auspici del suo pur collega di esecutivo, interessato forse ancora più di lui alla prosecuzione dell’attuale avventura di governo, per quanti costi politici ed elettorali stia comportando per i grillini.

Tra gli infortuni dei pentastellati,  potrebbe essere inserita anche la figuraccia rimediata da costoro, così entusiasti della propria “diversità”, onestà e quant’altro, con la decisione appena presa e annunciata da Raffaele Cantone di tornare a fare il magistrato, pur nella crisi in sui trova la sua categoria, o proprio per questo, lasciando anzitempo l’Autorità anticorruzione da lui presieduta ma non tenuta abbastanza in considerazione dal governo gialloverde.

 

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