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Covid, come cambiano le regole sulla quarantena in Veneto

Covid quarantena Veneto

La quarantena in Veneto torna di 14 giorni e potrà essere chiusa solo con tampone negativo

Nuove regole e restrizioni per il Veneto che, a partire da lunedì prossimo, sarà in arancione: un cambiamento cromatico che impone una “stretta” sui criteri utilizzati per la quarantena e la sorveglianza delle strutture scolastiche, come ha spiegato la responsabile regionale del Servizio prevenzione, Francesca Russo.

IN VENETO QUARANTENA DI 14 GIORNI

In Veneto si tornerà innanzitutto all’allungamento del periodo di quarantena per ogni caso Covid, da 10 a 14 giorni, come succedeva nella prima fase della pandemia. La quarantena verrà chiusa con un tampone molecolare negativo. Per quanto riguarda il contact tracing, non si considereranno solo i contatti stretti del malato ma anche quelli a basso rischio. Nelle scuole, tutti i casi positivi verranno sequenziati, per accertare l’esistenza di una variante. In caso di un cluster causato da una variante – anche solo con un altro contatto positivo – tutta la classe verrà posta in quarantena, per evitare la diffusione ulteriore del contagio. Attualmente, in caso di una positività la classe viene sottoposta a tampone e i negativi rientrano subito in classe.

LA CONFERENZA STAMPA DI ZAIA

«Il dato che ci “spara” in arancione – ha detto oggi nella consueta conferenza stampa via Facebook il presidente della Regione Luca Zaia – è l’esempio della velocità del virus». «Dobbiamo evitare – ha proseguito Zaia – ogni forma di assembramento, e non mi si venga a dire che alcuni assembramenti sono “utili per vivere”. Faccio appello agli anziani per la programmazione della spesa. Non serve un’ordinanza per dire che si vada al negozio in ore lavorative. Usare la mascherina non è optional, spesso la si usa male, col naso fuori è come non averla». Zaia ha quindi ribadito che «siamo di fronte a una variante che è dal 43% al 100% più contagiosa. Il contatto col virus quotidiano ce l’abbiamo tutti, evitiamo di metterci sotto l’ “effetto doccia”. Non è un problema delle istituzioni – ha concluso – ma di tutti noi».

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