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Autonomia differenziata: contenuti, calendario, pro e contro

Calderoli

Approvato il disegno di legge, adesso non sarà facile arrivare a dama per il Governo. Tutti i passaggi principali sul progetto voluto e guidato dal ministro Roberto Calderoli

“L’autonomia differenziata è realtà”. No, non è così. Ieri, giovedì 2 febbraio, il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge recante “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”. E’ la riforma che punta a mettere in atto la cosiddetta autonomia differenziata per le Regioni italiane.

Un progetto di legge fortemente voluto dalla coalizione di destra, attualmente alla guida dell’esecutivo, e soprattutto dalla Lega. Ma che, al netto delle prime reazioni (festanti dal Governo e minacciose dalle opposizioni) è una storia ancora tutta da scrivere e soprattutto da concretizzarsi.

COSA DICE LA LEGGE CALDEGGIATA DA CALDEROLI

Sono dieci gli articoli previsti dal Ddl. Tutto il procedimento di attuazione dell’autonomia differenziata deve essere subordinato alla determinazione dei “livelli essenziali delle prestazioni” (Lep) concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, specifica il primo articolo del disegno di legge, ricorda lavoce.info.

Nell’articolo 2 c’è il richiamo alla “attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”, un processo che coinvolge Palazzo Chigi, il Governo e il Parlamento. Che, sebbene non venga chiamato più in causa con la formula di mera approvazione, “sembra confermato che le Camere non potranno modificare l’intesa allegata al Ddl, ma solo approvarla o meno così come è stata scritta”, specifica ancora il sito economico.

All’articolo 3 troviamo il tema dell’approvazione dei Lep sui diritti civili e sociali e i relativi costi e fabbisogni standard. All’articolo 4, il trasferimento delle funzioni, con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie, per le materie o gli ambiti di materie riferibili ai Lep. Articolo 5: come fa notare ancora lavoce.info, al comma 2 ci sono le “compartecipazioni al gettito di uno o più tributi o entrate erariali maturato nel territorio regionale”, il metodo per il finanziamento delle funzioni attribuite.

Proseguendo, all’articolo 6 vengono stabilite le funzioni amministrative trasferite alle Rso e che possono essere da queste a province, città metropolitane e comuni. Mentre all’articolo 7 si stabilisce la durata decennale dell’accordo con possibilità di modifiche, interruzioni o rinnovi.

L’articolo 8 riguarda, invece le clausole finanziarie. Circa le quali, dettaglia ancora il sito economico, “l’attuazione del Ddl non deve comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; tuttavia, qualora la determinazione dei Lep e dei relativi costi e fabbisogni standard determini oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, la legge dovrà provvedere al relativo finanziamento. Al contempo, viene garantita l’invarianza finanziaria con le regioni che non sono parte dell’intesa”.

Infine, ci sono le “Misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale” (articolo 9) e le “Disposizioni transitorie e finali” (articolo 10).

PERCHE’ PUO’ FUNZIONARE E PERCHE’ NO: IL CALENDARIO

L’iter adesso prevede numerosi passaggi. Uscito da Palazzo Chigi, ricorda il Sole 24 Ore, il testo andrà alla Conferenza unificata, chiamata a esprimersi sulla legge di attuazione. Tempi? Tre settimane. Dopo le quali, in caso di interventi il testo tornerebbe indietro (cioè al CdM) per poi ripartire. Altrimenti, via libera. E poi? Palla al Parlamento.

La Cabina di Regia, in parallelo, lavorerà ai Lep (livelli essenziali di prestazione).  Entro fine anno si dovrà tornare quindi al Governo, Per emanare un decreto per Lep, da spedire quindi alle Aule dopo un passaggio in Conferenza unificata. Poi sarà la volta delle Regioni, protagoniste nell’ultima (lunga) fase di ping pong con tutti gli altri protagonisti già in campo. Infine, Parlamento, Governo, Regioni e quindi CdM saranno i passaggi nell’ordine per arrivare all’approvazione finale.

Dalle Camere servirà maggioranza assoluta , a livello di tempi ogni passaggio sopra descritto può implicare rallentamenti.  Secondo Pagella Politica, infatti, “il percorso dell’autonomia differenziata è di fatto appena iniziato. Il governo ha dato il primo via libera al disegno di legge che avvia un iter che si basa su una serie di passaggi lungo i quali potrebbero sorgere intoppi o contrasti all’interno della maggioranza”.

 

IL DDL CALDEROLI E’ UN’OCCASIONE PER RIDURRE IL DIVARIO NORD-SUD?

Secondo il presidente della Liguria Giovanni Toti, intervistato dal nostro giornale due settimane fa, “i vantaggi [di questa riforma, ndr] sono evidenti perché un’amministrazione più vicina ai cittadini non può che avere ricadute positive sul territorio. Dobbiamo ridisegnare l’impianto di questo Paese e l’autonomia differenziata va nella direzione in cui chiunque amministri un territorio ha sempre sperato si andasse, ovvero una devoluzione di competenze e anche una specificazione di quelle competenze che oggi sono nel titolo V delegate alle regioni ma su cui i poteri dello Stato impediscono una piena autonomia”.

COME (E SE) ARRIVARE A UN’AUTONOMIA DIFFERENZIATA?

Diverse, invece, in senso negativo le interpretazioni fornite sempre a Policy Maker dal presidente della Basilicata Vito Bardi e da Francesco Boccia (Pd).

Il sistema non funziona. Certo, serve gradualità: perciò parlo di autonomia “temperata”, diceva alla nostra Maria Scopece Bardi. “Noi abbiamo un gap infrastrutturale, sanitario e produttivo importante. Come si fa a colmare in tempi rapidi questo divario, come ha fatto la Germania dopo la caduta del muro di Berlino? Questo è il tema”.

Mentre per Boccia, “spesso, soprattutto in ambienti leghisti e non di certo in buona fede, si fa l’errore di parlare di autonomia soltanto legandola all’articolo 116 comma 3 della Costituzione”. E ancora: “Se ci sono dei sindaci che ogni giorno vivono sulla propria pelle le difficoltà dell’azione amministrativa e mettono nero su bianco tutte le loro preoccupazioni, queste vanno ascoltate”. Il tempo per farlo non manca, anche dopo il decreto legge, perché la svolta autonomista non è ancora dietro l’angolo.

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