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Il presidenzialismo che vuole Giorgia Meloni

Sistema Politico Presidenziale Meloni

Nella conferenza stampa di fine anno, la premier ha ribadito che la riforma del sistema politico è una delle sue priorità

“Le riforme? Voglio farle con tutti”. Giorgia Meloni ha da tempo indicato con chiarezza cosa e come vuole riformare nel sistema politico italiano. Stamani in conferenza stampa, salutandosi con i giornalisti in vista della fine dell’anno, ha parlato anche della sua idea di presidenzialismo. Già nel programma in vista delle elezioni, e seguendo un filo coerente anche con la posizione di FdI tradizionale, l’attuale premier parlava di una elezione diretta da discutere ad ampio raggio. A partire dagli alleati, oggi al Governo con lei, viste le differenze di vedute (anche) a riguardo con Lega e Noi Moderati.

LE PAROLE DI MELONI ALLA CONFERENZA STAMPA DI FINE ANNO

“Confermo che il presidenzialismo è una mia priorità, punto a farlo entro questa legislatura”, ha ribadito stamani di fronte ai cronisti in occasione del congedo di fine 2022. “Può solo fare bene all’Italia, consente stabilità e governi frutto di indicazioni popolari chiare. Sono sempre partita dal sistema francese non perchè sia il mio preferito ma quello più condiviso, penso a una riforma condivisa”.

I concetti ribaditi, dunque, sono stati i soliti. “Sullo strumento, bene la Bicamerale se utile, altrimenti è dilatorio. Entro gennaio predisporremo dei colloqui tra Casellati e opposizione: quindi decideremo. Non escludo una iniziativa del governo, ma se è più coinvolgente non vedo nessun problema a partire dal Parlamento. Vorrei fosse una mia eredità”.

LA BICAMERALE PER REALIZZARE IL SISTEMA POLITICO DI FDI

Della Bicamerale, Meloni parlava nettamente già a settembre in piena campagna elettorale verso le elezioni politiche del 25 settembre. Quando diceva di esser “disposta a utilizzare “tutti gli strumenti dai quali ciascuno si senta garantito”. E che “a questa nazione serve un legame diretto tra il voto e il governo, con le idee che quel governo esprime, e serve stabilità. Ho detto subito che ero pronta a discutere altri modelli”.

La base di questo modello proposto è la storia d’Italia. Fatta di troppi governi – undici in vent’anni – che minano stabilità e benessere istituzionale, quindi politico, economico interno e internazionale.

Proporre una Bicamerale come più volte indicato da Fratelli d’Italia e ora dalla presidente del Consiglio, significa ricorrere a uno strumento istituito soltanto tre volte. Parliamo della Bicamerale Bozzi del 1983-1985, la Bicamerale De Mita-Iotti del 1993-1994 e della Bicamerale D’Alema risalente al 1997. Si tratta di una tipologia di commissione che riunisce membri di Camera e Senato e che viene istituita per formulare e analizzare proposte di riforme costituzionali.

LA DEMOCRAZIA DECIDENTE

Tramite questa via si dovrebbe concretizzare, nell’idea di FdI, il passaggio da una “democrazia interloquente” ad una “democrazia decidente”. Parole esplicite di Meloni che risalgono al discorso di insediamento alla Camera dei Deputati dello scorso 25 ottobre.

Quando ripeté il desiderio di confronto con le altre forze ma disse anche che “non rinunceremo a riformare l’Italia di fronte ad opposizioni pregiudiziali. In quel caso ci muoveremo secondo il mandato che ci è stato conferito su questo tema dagli italiani: dare all’Italia un sistema istituzionale nel quale chi vince governa per cinque anni e alla fine viene giudicato dagli elettori per quello che è riuscito a fare”.

ALL’OPPOSIZIONE IL TERZO POLO PUO’ AIUTARE?

Guardando al di fuori del perimetro dell’esecutivo in carica, la posizione meno distante dalle idee di un sistema politico più governista è quella del Terzo Polo. Che, ad esempio, in vista delle elezioni del 25 settembre si presentava come forza promotrice di un federalismo responsabile, che releghi le province al ruolo di “centri servizi” dei Comuni.

Diversamente, i Comuni, le Regioni e lo Stato devono avere strumenti fiscali propri e ogni cittadino deve sapere a chi e per che cosa paga le tasse. Ancora: Italia Viva, più che Azione di Carlo Calenda, sponsorizza da tempo la figura del ‘Sindaco d’Italia’, che venga cioè eletto in qualità di presidente del Consiglio direttamente dai cittadini. Se per fare un albero ci vuole il legno, però, per questa riforma occorre una nuova legge elettorale. E a prescindere dalle idee e dalle posizioni politiche, la realtà italiana degli ultimi anni dimostra che si fa fatica a migliorare il sistema istituzionale procedendo contemporaneamente su più fronti. Vedasi il caso del taglio dei parlamentari.

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