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Gli scontri a Jenin: preludio a una nuova intifada?

Jenin

Cosa sta succedendo (ancora) tra Israele e Palestina a Jenin: il punto demografico di Riccardo Pennisi (Aspenia)

La demografia è una questione di sicurezza nazionale in Israele. Al momento, poco più di 7 milioni di israeliani vivono tra Israele e la Cisgiordania, mentre circa 7 milioni di palestinesi vivono tra Cisgiordania, Striscia di Gaza, Israele e Gerusalemme Est. I cambiamenti della popolazione impatteranno l’evoluzione e la possibile risoluzione del conflitto tra le due componenti. Ecco come.

SEI PUNTI CHIAVE SUI FATTI DI JENIN

1) Minaccia demografica. Gli ebrei israeliani hanno da sempre il timore “esistenziale” di essere superati numericamente dalla popolazione palestinese, che prenderebbe così il controllo della regione. Questa paura è sfruttata oggi dagli imprenditori politici dell’estrema destra israeliana, ma in entrambe le nazioni i tassi di fertilità sono usati come arma per garantire la futura vittoria della propria parte nel conflitto.

2) Annessione della Cisgiordania. Il governo di Israele sta preparando il terreno per una futura integrazione dell’Area C della West Bank nel Paese. Per farlo, deve garantire agli ebrei israeliani che non saranno minoranza, in quella regione. Dunque – da molti anni – è in corso una doppia operazione di insediamento di coloni e di “scoraggiamento” della popolazione locale, invitata (anche con la violenza, o soltanto con la pressione) ad andarsene.

3) Popolazione araba. La componente araba cresce più di quella ebraica (+25% contro +18% negli ultimi dieci anni). Questa corsa demografica provocherà condizioni di vita ancora più insostenibili per i palestinesi chiusi nei Territori, e allo stesso tempo porterà la popolazione di Israele (ebrei, arabi + minoranze varie) a 12 milioni entro vent’anni, dai 9 attuali.

4) La fertilità degli ortodossi. L’aumento della componente ebraica non si dovrà alla classica immigrazione ebraica dal resto del mondo, in frenata negli ultimi anni in favore di quella non religiosa. Ma soprattutto ai tassi di fertilità record della comunità haredim (ultra-ortodossa): un tempo marginali, si calcola che gli haredim saranno 1/3 di tutti gli abitanti della regione entro il 2050.

5) Questioni di sostenibilità. Un’Israele ultra-ortodossa, è facile immaginare, porterà conflitti culturali più accesi con gli arabi, ma anche tra ebrei, contro la componente più liberale e secolarizzata. Non solo: le loro famiglie numerose (ma economicamente poco produttive, dato il focus sulle attività religiose) richiedono un continuo surplus di spesa pubblica che i partiti haredim sono ben capaci di ottenere con la loro attività di lobbying.

6) Nuovo modello nazionale: Infine, gli haredim non pagano tasse, non svolgono il servizio militare – il peso del fisco e della difesa ricadrà dunque su una fascia di popolazione sempre più piccola. Potrebbe essere la fine di quel modello politico in cui ogni cittadino incarnava in sé stesso – popolo in armi – la costruzione e la difesa dello Stato.

 

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