skip to Main Content

Governo gialloverde in rotta di collisione su Tav. Ecco i testi delle mozioni

Conte Tav

Deraglia il governo gialloverde su Tav. Ecco i testi delle mozioni presentate questa mattina: le 4 a favore e le due contrarie tra cui quella targata cinque stelle.

Al termine della discussione delle mozioni su Tav, questa mattina l’Assemblea del Senato ha approvato le mozioni nn. 153 del Pd, 156, sostenuta da 9 parlamentari di Leu, Aut, Pd e Misto, 157 di Fratelli d’Italia e 162 di Forza Italia.

È risultata preclusa la mozione n. 159 del gruppo Leu e sostenuta da 7 parlamentari dei Gruppi Misto e M5s, che chiedeva al Governo di bloccare le procedure di appalto, revocando i membri italiani del consiglio di amministrazione del promotore italo-francese dell’opera TELT e nominandone di nuovi.

La mozione Tav del M5s, al centro dell’attenzione per le tensioni in maggioranza, che impegna il Parlamento e non il governo a differenza di quella Leu, è stata invece respinta. Ecco i testi raccolti da Policy Maker

LA MOZIONE DEL PD

Il Senato,

impegna il Governo ad adottare tutte le iniziative necessarie per consentire la rapida realizzazione della nuova linea ferroviaria TAV Torino-Lione.

LA MOZIONE DI PIÙ EUROPA-SOCIALISTI-AUT-PD-MISTO

Il Senato,

premesso che:

con la legge 23 aprile 2014, n. 71, l’Italia ha ratificato l’accordo con la Francia, stipulato in data 30 gennaio 2012, per la realizzazione del nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione;

con la legge 5 gennaio 2017, n. 1, l’Italia ha ratificato l’accordo con la Francia per l’avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, firmato a Parigi il 24 febbraio 2015, il protocollo addizionale firmato a Venezia 1′ 8 marzo 2016, e il regolamento dei contratti adottato a Torino il 7 giugno 2016;

il progetto definitivo della sezione transfrontaliera, per quanto riguarda l’Italia, è

stato approvato il 20 febbraio 2015 con delibera del Cipe, che a marzo 2018 ha approvato la variante per lo scavo del tunnel di base;

secondo i dati diffusi da Telt (Tunnel Euralpin Lyon Turin), la società cui è affidata la realizzazione dell’opera nella sezione transfrontaliera, a luglio 2019 è stato completato lo scavo di circa il 18 per cento dei 164 chilometri di gallerie previste, che costituiscono circa 1’89 per cento della lunghezza complessiva della sezione;

il recente impegno della Commissione europea di aumentare dal 40 per cento al 50 per cento la quota di finanziamento comunitario per le reti infrastrutturali transfrontaliere, nell’ambito del bilancio europeo 2021-2027, comporta anche per quest’opera un risparmio per la quota di competenza dello Stato italiano;

fin da quando venne concretamente prospettata la realizzazione di una linea ad alta velocità tra Torino e Lione, a metà degli anni ’90, si accesero violente polemiche sull’opera, che, anche a seguito delle revisioni del progetto, del tracciato e degli importi di spesa previsti, oggi presenta, per la sezione transfrontaliera, caratteristiche di piena sostenibilità economica e ambientale e non giustifica forme di opposizione pregiudizialmente ideologiche,

impegna il Governo a proseguire nelle attività amministrative finalizzate alla realizzazione dell’opera e in particolare della sezione transfrontaliera e del tunnel di base del Moncenisio dando attuazione a quanto già previsto dalla normativa vigente e dagli accordi stipulati dall’Italia in sede internazionale.

LA MOZIONE DI FRATELLI D’ITALIA

Il Senato,

premesso che:

negli scorsi giorni, il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha comunicato a mezzo stampa (e successivamente confermato nel corso del “question time” svoltosi il 24 luglio 2019 alla Camera dei deputati), la posizione del Governo italiano riguardo alla realizzazione del nuovo asse ferroviario ad alta velocità (Tav) tra Italia e Francia, e, più nello specifico, tra Torino e Lione;

il Presidente del Consiglio, in particolare, ha confermato l’intenzione del Governo di dare prosecuzione alla realizzazione dell’opera, alla luce di ulteriori elementi oggettivi sopravvenuti in seguito alle recenti interlocuzioni con i partner francesi e con le istituzioni europee;

interlocuzioni che, come riferito dal Presidente del Consiglio dei ministri, avrebbero determinato un significativo mutamento di scenario, con l’emersione di nuovi e ulteriori elementi di vantaggio connessi alla realizzazione e completamento dell’opera, con particolare riferimento alla disponibilità di incrementare sensibilmente la quota di cofinanziamento della tratta transfrontaliera (dal 40 per cento al 55 per cento) e alla possibilità per il nostro Paese di beneficiare anche di un ulteriore contributo pari al 50 per cento;

le reti di trasporto transeuropee (in acronimo Ten-T, dall’inglese transeuropean networks-transport) sono un insieme di infrastrutture di trasporto integrate, previste per sostenere il mercato unico, garantire la libera circolazione delle merci e delle persone e rafforzare la crescita, l’occupazione e la competitività dell’Unione europea;

la revisione della mappa Ten-T avviata nel 2009 ha condotto ad un nuovo quadro legislativo, entrato in vigore dal 1° gennaio 2014, che definisce lo sviluppo della politica dei trasporti fino al 2030-2050, costituito dagli orientamenti dell’Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti di cui al regolamento (UE) n. 1315/2013 e il Connecting Europe facility (CEF) di cui al regolamento (UE) n. 1316/2013;

i nuovi orientamenti dell’Unione europea per lo sviluppo della rete Ten-T prevedono la creazione di una rete articolata in due livelli: una rete globale (da realizzare entro il 2050), che mira a garantire la piena copertura del territorio dell’Unione e l’accessibilità a tutte le regioni, e una rete centrale a livello europeo (da realizzare entro il 2030) basata su un “approccio per corridoi”, che dovranno includere almeno tre modalità differenti di trasporto, attraversare almeno tre Stati membri e prevedere l’accesso ai porti marittimi;

la rete centrale è articolata in 9 corridoi principali, 4 dei quali interessano l’Italia: il corridoio mediterraneo che attraversa il Nord Italia da ovest ad est, congiungendo Torino, Milano, Verona, Venezia, Trieste, Bologna e Ravenna; il corridoio Reno-Alpi che passa per i valichi di Domodossola e Chiasso e giunge al porto di Genova; il corridoio Baltico-Adriatico, che collega l’Austria e la Slovenia ai porti del nord Adriatico di Trieste, Venezia e Ravenna, passando per Udine, Padova e Bologna; il corridoio scandinavo-mediterraneo, che parte dal valico del Brennero e collega Trento, Verona, Bologna, Firenze, Livorno e Roma, con i principali centri urbani del Sud come Napoli, Bari, Catanzaro, Messina e Palermo;

tali corridoi comprendono: 9 nodi urbani (Roma, Bologna, Cagliari, Genova, Milano, Napoli, Torino, Venezia e Palermo); 11 aeroporti della rete centrale (Milano Linate, Milano Malpensa, Roma Fiumicino, Bergamo Orio al Serio, Bologna Borgo Panigale, Cagliari Elmas, Genova Sestri, Napoli Capodichino, Palermo Punta Raisi, Torino Caselle e Venezia Tessera); 14 porti marittimi della rete centrale (Ancona, Augusta, Bari, Cagliari, Genova, Gioia Tauro, La Spezia, Livorno, Napoli, Palermo, Ravenna, Taranto, Trieste e Venezia); 5 porti fluviali (Cremona, Mantova, Ravenna, Trieste e Venezia) e 15 interporti: Jesi (Ancona), Marcianise (Caserta), Nola (Napoli), Bologna, Cervignano (Udine), Pomezia nodo di Roma, Vado (Genova), Milano smistamento, Novara, Orbassano (Torino), Bari, Prato, Guasticce (Livorno), Padova, Verona;

il completamento delle infrastrutture di collegamento risulta essenziale per ridurre il deficit infrastrutturale italiano, sostenere la competitività delle imprese italiane e favorire una maggiore integrazione tra Nord e Sud del Paese, nonché per garantire l’integrazione dell’Italia nello sviluppo europeo;

oggi la priorità a livello europeo è quella di garantire la continuità dei corridoi, realizzando i collegamenti mancanti, assicurando connessioni tra le differenti modalità di trasporto ed eliminando i “colli di bottiglia” esistenti;

il nuovo asse ferroviario ad alta velocità (Tav) tra Italia e Francia, e, più nello specifico, tra Torino e Lione, rientra nel corridoio mediterraneo;

i principali obiettivi dei promotori della Tav sono sia di tipo economico, per rendere più competitivo il treno per il trasporto di persone e merci, sia di carattere ambientale, per ridurre il numero di tir sulle strade, sia di carattere sociale, per connettere meglio tra loro e valorizzare aree diverse;

secondo un documento della Presidenza del Consiglio dei ministri del 2012, tra i principali vantaggi della Torino-Lione ci sarebbero “il dimezzamento dei tempi di percorrenza dei passeggeri, l’incremento della capacità nel trasporto merci e la riduzione del numero di camion – circa 600.000 in meno – su strada nel delicato ambiente alpino”;

nel complesso, degli oltre 42 milioni di tonnellate di merci passate tra Francia e Italia nel 2016, appena il 7,7 per cento (circa 3,3 milioni di tonnellate) è stato trasportato sui treni, e, dove è in progetto la costruzione del tunnel di base, sotto il Moncenisio, circa 10,5 milioni di tonnellate di merci sono circolate su strada (il 78,3 per cento), mentre poco meno di 3 milioni di tonnellate invece hanno attraversato il confine sui binari a bordo dei treni (il 21,7 per cento);

i dati più recenti dicono che ogni anno, tra Italia e Francia, passano circa 3 milioni di mezzi pesanti e, se le previsioni dell’Osservatorio sull’impatto della nuova linea fossero rispettate, dopo 8 anni dalla sua apertura, si assisterebbe a un trasferimento di 20 milioni di tonnellate da strada a rotaia e di 38 milioni dopo 30 anni;

in quella data, se il flusso di merci tra Italia e Francia rimanesse stabile ai valori di oggi, vale a dire intorno ai 40 milioni di tonnellate, potrebbe essere assorbito al 95 per cento dalla ferrovia, determinando una riduzione di circa 3 milioni di camion che attraversano il confine;

per la realizzazione della nuova linea Torino-Lione, il 30 gennaio 2012 l’Italia ha sottoscritto un accordo con la Francia, sottoposto a ratifica parlamentare da entrambi gli Stati (l’Italia con la legge 23 aprile 2014, n. 71);

il 24 febbraio 2015 Francia e Italia hanno sottoscritto un ulteriore accordo per l’avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea, ratificato con la legge 5 gennaio 2017, n. 1;

il progetto definitivo italiano è stato approvato con la delibera del Cipe del 20 febbraio 2015, n. 19; il successivo 2 giugno 2015, anche la Francia ha approvato il proprio progetto;

alla Regione Piemonte, la società “Tunnel euralpin Lyon-Turin” (Telt, promotrice della sezione transfrontaliera) ed il commissario di Governo hanno proposto nel maggio 2017 un protocollo d’intesa per la gestione delle misure compensative connesse all’opera in favore della val di Susa;

lo Stato ha dovuto far fronte alla recrudescenza delle manifestazioni da parte di gruppi e movimenti “No Tav”, via via sempre più connotatisi come espressioni dell’antagonismo di sinistra, con una crescente militarizzazione del cantiere della Maddalena di Chiomonte (Torino) ed ingente dispendio di risorse pubbliche per la sicurezza, che, tuttavia, non ha potuto impedire, negli anni, il ripetersi di episodi violenti ai danni delle forze dell’ordine e degli operai al lavoro nel cantiere;

l’Unione europea ha deciso di cofinanziare tale opera nell’ambito del programma CEF, lo strumento finanziario dell’Unione europea diretto a migliorare le reti europee nei settori dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni, con un finanziamento, fino all’anno 2019, pari al 40 per cento dell’ammontare delle opere;

il costo del tunnel transfrontaliero originariamente previsto, i cui lavori sarebbero dovuti entrare a pieno regime a inizio 2019, è di 8,6 miliardi di euro (costo certificato da un ente terzo), di cui il 40 per cento, come detto, a carico dell’Unione europea, il 35 per cento a carico dell’Italia (circa 3 miliardi di euro), il 25 per cento della Francia; il costo totale della Torino-Lione a carico dell’Italia, quantificato dalla delibera del Cipe 28 febbraio 2018, è di circa 6 miliardi di euro, di cui circa 3 già disponibili: percentuali che, come sopra specificato e come recentemente riferito dal Presidente del Consiglio dei ministri, dovrebbero essere riviste in senso maggiormente favorevole al nostro Paese nei termini riportati;

talune fonti stimano in 3,4 miliardi di euro il costo per lo Stato italiano del blocco definitivo della Tav, considerando gli oneri per la rescissione dei contratti, gli appalti già avviati, il ripristino degli scavi e le penali;

la mancata realizzazione imporrebbe, infatti, la messa in sicurezza degli oltre 26 chilometri già scavati e l’adeguamento del tracciato del Fréjus;

il “no” alla Tav obbligherebbe a gestire circa 3 milioni e mezzo di tir che attraversano la pianura Padana, con 44,1 milioni di tonnellate di merci che continuerebbero a essere trasportate verso la Francia su gomma;

un blocco unilaterale dei lavori sulla Torino-Lione non esclude la possibilità di una messa in mora dell’Italia, che potrebbe vedersi privata per un periodo di 5 anni dei finanziamenti europei sulle altre opere transfrontaliere non ancora in fase avanzata;

l’interruzione dei lavori sulla Torino-Lione avrebbe, quindi, una ricaduta negativa sulla realizzazione di tutte le infrastrutture di cui l’Italia ha bisogno, impedendo lo sviluppo del territorio e peggiorando una situazione già critica che vede la nostra nazione arretrata rispetto ad altri Stati europei dove gli investimenti sono superiori;

l’Italia sarebbe tagliata fuori dalle vie dello sviluppo europee, a vantaggio di vie di collegamento a nord delle Alpi, e, analogamente, i porti di Trieste e Genova sarebbero a rischio di veder deperire i loro traffici, perdendo l’occasione di un collegamento vitale con i mercati dell’Europa centro-settentrionale;

il coordinatore della commissione ministeriale per l’analisi del rapporto tra costi e benefici, professor Marco Ponti, ha consegnato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la relazione della commissione, evidenziando a stretto giro come il lavoro svolto debba considerarsi parziale ed incompleto;

il Ministro ha dichiarato che l’analisi consegnata dal professor Ponti deve intendersi come una bozza che necessita di ulteriori approfondimenti;

il commissario di Governo per la Tav Torino-Lione, architetto Paolo Foietta, in audizione presso la IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera dei deputati il 16 gennaio 2019, ha dichiarato di aver interloquito con il professor Ponti soltanto in occasione di dibattiti pubblici, ma mai in audizione presso la commissione per l’analisi del rapporto tra costi e benefici;

nella citata dall’audizione dell’architetto Foietta sono emersi ulteriori elementi tecnici a supporto della necessità di concludere l’opera nei tempi previsti, sbloccando definitivamente i cantieri e dando attuazione agli investimenti programmati e concordati;

intorno al destino dell’opera è nato un vasto movimento di opinione, composto dalle categorie economiche maggiormente rappresentative a livello piemontese e nazionale, nonché da numerosi amministratori locali, che hanno manifestato a più riprese il massimo sostegno alla realizzazione dell’opera;

la Tav rientra in un accordo internazionale tra Italia e Francia, ratificato dai rispettivi Parlamenti nazionali, e una rinuncia all’opera o una sua modifica sostanziale devono essere sottoposte a nuova approvazione parlamentare,

impegna il Governo:

1) a garantire un’effettiva e decisa attuazione dell’indirizzo politico recentemente espresso ed adottare tutte le iniziative necessarie a favorire una realizzazione dell’infrastruttura senza ulteriore indugio o ritardo;

2) ad adottare ogni iniziativa necessaria a scongiurare che l’Italia incorra in inevitabili effetti penalizzanti e dannosi, che deriverebbero sia dall’emergere di profili di responsabilità contrattuale per inadempimento o ulteriori ritardi esecutivi rispetto agli impegni assunti, sia dalla mancata realizzazione di un’opera infrastrutturale strategica per lo sviluppo economico nazionale.

LA MOZIONE DI FORZA ITALIA

Il Senato,

premesso che:

l’idea della ferrovia Torino-Lione, una linea sia passeggeri sia merci per collegare Francia e Italia, è nata circa 30 anni fa;

nel 1992 in un vertice dei due Paesi fu siglato un accordo politico tra i governi per la sua realizzazione; nel 1994 l’Unione europea inserì la linea tra i progetti prioritari nel settore dei trasporti e dell’energia e nel 1996 fu costituita un’apposita commissione intergovernativa; nel 2001 fu firmato un accordo tra i ministri dei trasporti francese e italiano, in cui si individuarono tre parti: una di competenza francese, una di competenza italiana e una parte in comune costituita da un tunnel a due canne, la cui lunghezza è stata in seguito determinata in 57 chilometri tra St. Jean de Maurienne e Susa; venne quindi creata la società LTF (Lyon Turin Ferroviaire), i cui azionisti erano le ferrovie italiane (RFI) e francesi (RFF); sempre nel 2001, il Governo Berlusconi inserì la Torino-Lione tra le grandi infrastrutture considerate strategiche per l’Italia; nel 2006 il Governo Prodi istituì un osservatorio per l’asse ferroviario Torino-Lione; nel 2008 fu firmato l’accordo di Pracatinat, in cui si cercò di comporre anche le contrarietà dei sindaci dei territori interessati; nel 2010 furono approvati dall’osservatorio gli indirizzi operativi per la progettazione preliminare e nel 2012, sotto il Governo Monti, si arrivò a una nuova revisione del progetto e vennero delineate nuove fasi funzionali dei lavori;

a marzo 2012 il CIPE approvò una nuova versione del progetto, con costi e impatto ridotti dell’opera; a novembre 2013 è stato avviato lo scavo del tunnel di servizio con la fresa meccanica; nel 2015 è nata TELT, Tunnel Euralpin Lyon-Turin (che sostituisce LTF) per la gestione della sezione transfrontaliera; nello stesso anno il CIPE, sotto il Governo Renzi, ha concesso il via libera al progetto, firmando l’accordo per avviare la realizzazione dei lavori; il testo dell’accordo è stato ratificato con la legge 5 gennaio 2017, n. 1; nel 2017, è stato completato lo scavo del tunnel geognostico di circa 7 chilometri; nel maggio 2018 il CIPE ha deliberato il parere positivo sul contratto di programma tra Italia e Francia, a cura di TELT, per il finanziamento, la progettazione e la realizzazione della sezione transfrontaliera della parte comune e ha adottato una stima dei costi di parte italiana della nuova linea ferroviaria di circa 6 miliardi di euro;

l’importanza strategica delle reti di trasporto su rotaia TEN-T, di cui la Torino-Lione fa parte, è dimostrata dalle analisi economiche, scientifiche e ambientali, che in sede europea sono state fatte negli ultimi anni; un incremento delle reti di trasporto dedicate ai passeggeri e alle merci può fare recuperare competitività all’intero continente europeo nei confronti delle altre potenze mondiali, che si confrontano sui mercati globali attraverso un flusso di merci (esportate e importate) in costante aumento; il settore della logistica è stimato in continua ascesa, con capacità di incidere sulla crescita economica dei territori e produrre nuova ricchezza e occupazione;

la Commissione europea ha indicato i 10 corridoi ferroviari necessari per un’efficiente rete di trasporti, peraltro indispensabile a raggiungere gli obiettivi di Kyoto sulla sostenibilità ambientale; fra questi c’è la nuova linea ferroviaria Torino-Lione, che ha ricevuto il via libera ai finanziamenti comunitari 2014-2020 per le reti TEN-T; attraverso la realizzazione di questi 10 corridoi, tutti collegati con i porti più importanti d’Europa, sarà possibile trasferire dalla strada alla rotaia il 30 per cento del trasporto merci entro il 2030 e il 50 per cento entro il 2050;

la TAV incrocia nella pianura Padana i corridoi Reno-Alpi, Genova-Rotterdam e Brennero-Berlino, raggiunge il corridoio Baltico-Adriatico e può mettere in rete con l’Europa tutte le nostre strutture logistiche pubbliche e private, consentendole di diventare la più grande area logistica del sud Europa con importanti ricadute economiche ed occupazionali per tutto il Paese;

la mancata realizzazione della TAV, opera che viene ritenuta strategica dalla stessa Europa, oltre a indebolire l’efficienza della rete europea, escluderebbe il Piemonte e l’Italia dal flusso degli scambi economici e commerciali del futuro, con pesanti e durature conseguenze sul piano economico e sociale;

la nuova linea andrebbe a sostituire quella inaugurata nel 1871, che non è più adeguata all’accresciuto volume del traffico, che infatti si sviluppa oggi soprattutto su gomma; lo spostamento verso la rotaia ridurrebbe in modo consistente anche l’impatto dell’inquinamento ambientale;

dalla Cina è già giunto a Lione un primo treno carico di merci, dopo 11.300 chilometri di viaggio in 15 giorni attraverso Kazakistan, Russia, Bielorussia, Polonia e Germania, con uno scalo per scaricare alcuni container a Duisburg, dimezzando così il tempo rispetto al tragitto per mare; la mancata realizzazione della Torino-Lione taglierebbe fuori l’Italia da questo asse strategico verso l’Oriente;

i benefici dell’alta velocità e dell’alta capacità, in termini economici ed ambientali, sono già riscontrabili attraverso il quotidiano utilizzo delle linee esistenti che da Salerno, passando per Roma, portano a Torino, Milano e Venezia;

preso atto che:

la realizzazione della Torino-Lione è basata su un accordo internazionale ratificato dal Parlamento italiano con la legge 5 gennaio 2017, n. 1, recante “Ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese per l’avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, fatto a Parigi il 24 febbraio 2015, e del Protocollo addizionale, con Allegato, fatto a Venezia l’8 marzo 2016, con annesso Regolamento dei contratti adottato a Torino il 7 giugno 2016”;

in data 7 marzo 2019, nell’Aula del Senato è stata respinta la mozione depositata dal gruppo di Forza Italia (1-00066, testo 2), con la quale si chiedeva al Governo di “dare piena attuazione all’accordo ratificato dal Parlamento italiano (legge n. 1 del 2017), confermando la valenza strategica della realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione in termini economici ed occupazionali”; nella stessa seduta è stata approvata la mozione depositata dai Gruppi parlamentari del Movimento 5 Stelle e Lega (1-00088) che, in linea con quanto avvenuto già alla Camera dei deputati, impegnava il Governo a “ridiscutere integralmente il progetto della linea Torino-Lione, nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia”;

in data 11 marzo 2019, la TELT, la società pubblica italo-francese che si occupa della realizzazione e gestione dell’opera, a seguito dell’autorizzazione del Presidente del Consiglio dei ministri, ha dato corso alle procedure di gara relative ai lavori in Francia per il tunnel di base, per un importo stimato di 2,3 miliardi di euro;

a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea degli avis de marché per i lavori di costruzione del tunnel della Torino-Lione in territorio italiano, il 24 luglio, il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenendo nell’Aula della Camera dei deputati, ha dichiarato: “in attesa di un eventuale pronunciamento del Parlamento, il Governo non potrà sottrarsi agli adempimenti necessari nel corretto proseguimento dell’iter che porterà al rispetto delle manifestazioni di interesse che perverranno nell’ambito della procedura di gara”;

le manifestazioni di interesse delle imprese, che possono essere acquisite fino al 16 settembre 2019, consentiranno di avviare una fase di selezione dei candidati ammessi a presentare un’offerta;

in questo quadro, la situazione di incertezza venutasi a creare all’interno del Governo, dove autorevoli esponenti come il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Toninelli, intervistato da Radio CRC, ha recentemente dichiarato: “Il Movimento Cinque Stelle è sempre stato contrario a un’opera politicamente inutile e dal punto di vista ambientale dannosa. Una bidonata con costi enormemente superiori ai benefici”, genera sicuramente preoccupazione tra le imprese del settore, tra i lavoratori coinvolti e tra tutti coloro che in questi ultimi mesi hanno sostenuto, anche con manifestazioni pubbliche, la realizzazione di questa importante e strategica opera infrastrutturale;

il Governo, lacerato dalle continue contrapposizioni interne, sembra arrivato alla conclusione del suo percorso politico; si impone una nuova fase con un’adeguata politica di investimenti infrastrutturali in grado di proiettare il nostro Paese verso la crescita economica e occupazionale;

la mozione 1-00152, pubblicata il 30 luglio 2019, a prima firma Patuanelli e sottoscritta da molti esponenti del Movimento 5 Stelle, reca la richiesta di una pronuncia da parte del Parlamento per l’adozione di atti che determinino la “cessazione delle attività relative al progetto per la realizzazione e la gestione della sezione transfrontaliera del nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione”;

questa prospettiva, se avallata dall’Aula del Senato, comporterebbe gravissime conseguenze non solo in termini politici, sancendo un isolamento economico e geopolitico senza precedenti,

impegna il Governo a dare piena attuazione all’accordo ratificato dal Parlamento italiano (legge n. 1 del 2017), confermando la valenza strategica della realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione in termini economici ed occupazionali.

LA MOZIONE LEU-MISTO-M5S

Il Senato,

premesso che:

il 24 luglio 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha annunciato, intervenendo in Aula a Montecitorio, la volontà del Governo italiano di proseguire con l’iter delle procedure per la realizzazione della TAV Torino-Lione;

il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, due giorni dopo, ha inviato una lettera all’Inea (l’Agenzia esecutiva per l’innovazione e le reti) per confermare l’impegno italiano al completamento della TAV Torino-Lione;

la tesi secondo la quale, grazie al presunto aumento del contributo della UE, “fermarla costa più che completarla” non è fondata per i diversi motivi, come di seguito esposti;

il contributo maggiorato europeo al momento è un buon proposito, ma nulla di più. Secondo Conte, la UE alzerà il finanziamento del tunnel al 55 per cento. In realtà, lo ha affermato Iveta Radicova, coordinatrice del corridoio mediterraneo, la decisione spetterà alla nuova Commissione e l’iter prevede almeno 2 anni. Nessun impegno giuridico è stato dunque preso. E non ci sarebbe da stupirsi troppo se da Bruxelles, incassato il sì italiano, invece di un assegno più cospicuo giungesse un diniego. Ad ogni modo, l’eventuale maggiore contributo di Bruxelles non cambia di una virgola la disastrosa valutazione economica dell’opera: sposterebbe eventualmente una parte maggiore dei costi dagli italiani agli europei. Stesso spreco di risorse e maggiore iniquità: a pagare di più sarebbero coloro che, ancor meno di italiani e francesi, beneficeranno dell’opera;

i conti per gli italiani resterebbero in rosso anche qualora l’Unione europea contribuisse per il 55 per cento della tratta internazionale e si facesse carico di metà dei costi di quella nazionale. La perdita di ricchezza per l’Italia conseguente alla realizzazione dell’opera è stata stimata pari a 2,8 miliardi di euro. Nella più favorevole delle ipotesi, essa si ridurrebbe a circa 1,6 miliardi. Questo senza mettere nel conto possibili o, meglio, probabili sforamenti dei costi di costruzione che per opere di questo tipo in passato sono stati dell’ordine del 50 per cento del preventivo (il 100 per cento per il tunnel sotto la Manica) e che comporterebbero qualche miliardo di euro di perdite aggiuntive per i contribuenti;

i risparmi invece, come sostenuto dal professor Marco Ponti, presidente della “Commissione costi/benefici grandi opere”, sarebbero pari a 3,3 miliardi di euro, se si rinunciasse all’opera;

il tunnel di base transfrontaliero (57 chilometri) sotto il Fréjus ha un costo pari a 9,6 miliardi di euro. Il contributo europeo è pari al 40 per cento. Al netto di questo, l’Italia paga il 58 per cento, la Francia il 42 per cento. Fu il Governo Berlusconi nel 2004 a inventarsi questa geniale trovata per convincere i riottosi francesi. La decisione di far pagare all’Italia due terzi di un tunnel solo per un quinto in territorio italiano venne motivata col fatto che la Francia pagava cara la sua tratta nazionale dal tunnel a Lione (10 miliardi). Peccato che nel 2017 Parigi ha deciso che quella tratta non ha stime di traffico sufficienti, quindi se ne riparla nel 2038, otto anni dopo la teorica conclusione dei lavori per la TAV, prevista nel 2030;

se l’incremento dei fondi europei fosse confermato, Bruxelles ci metterebbe 5,3 miliardi di euro, una cifra gigantesca. Nell’ultima tornata (2014-2020) del programma europeo per la mobilità (Connecting Europe facility, CEF) erano stati stanziati 6 miliardi di euro per tutte le tratte transfrontaliere dei corridoi ferroviari UE. Nel nuovo CEF ci sono 17 miliardi per i “progetti strategici”, in cui rientra la TAV. Se anche la cifra fosse destinata alle sole linee transfrontaliere significherebbe che alla Torino-Lione andrebbe un euro su 3 di tutti fondi stanziati da Bruxelles per tali “progetti strategici”;

il presidente Conte ha poi annunciato un contributo europeo del 50 per cento per la tratta nazionale italiana (1,7 miliardi di euro il costo totale). Questo impegno arriva sempre dalla commissaria Raticova, ma non è previsto dal contratto che regola il finanziamento dell’opera. La realtà è che la UE non ha mai messo a disposizione più di 700-800 milioni di euro per settennio. E Francia e Italia ne hanno sistematicamente perso la metà ogni volta;

non è vero che costa più fermare la TAV che farla. I grandi appalti non sono partiti e le penali non sono previste, né verso la UE né verso la Francia. Secondo una relazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti i costi massimi dell’interruzione dell’opera potrebbero arrivare a 1,7 miliardi di euro (“difficilmente raggiungibili”). Anche con il contributo UE maggiorato, sarebbero meno dei 3,3 miliardi che l’opera costerebbe all’Italia;

l’Italia, lo ha ammesso anche Conte, aveva buoni argomenti per sospendere il progetto. Il motivo principale è che la Francia non rispetta gli impegni: oltre a non fare la tratta nazionale (il che rende ancora più inutile la TAV), non ha mai stanziato a bilancio i fondi necessari per realizzare l’opera. L’Italia lo ha già fatto con il Governo Monti, mentre Parigi ogni anno decide quanto mettere. Ma l’accordo di Roma del 2012 prevede che i lavori possano partire solo quando c’è la disponibilità complessiva dello stanziamento. Per Parigi non c’è;

per l’iniqua ripartizione dei costi con la Francia, l’Italia poteva rivolgersi al tribunale arbitrale previsto dal Grant agreement del 2015. Per il mancato stanziamento dei fondi da parte di Parigi, poteva sollevare la questione alla commissione intergovernativa italo-francese che sovrintende alle procedure tecnico-finanziarie che disciplinano la TAV, sostituendo prima i membri italiani (gli attuali sono tutti a favore dell’opera). Poteva perfino revocare i membri del consiglio di amministrazione del promotore italo-francese dell’opera (Telt) e nominarne di nuovi per bloccare i lavori. Ma il Governo ha deciso diversamente;

i francesi hanno rinviato la loro tratta nazionale a dopo il 2038, sostenendo che non vi sono rischi di saturazione. Lo dice il report del 27 giugno 2013 della commissione governativa francese “Mobilité 21”, accolto dal Governo di allora nel suo scenario B, secondo cui l’opera di accesso francese al tunnel transfrontaliero è giudicata non prioritaria (nella tabella di pag. 48) e rinviata nel lungo termine. La spiegazione è dettagliata a pag. 57: “La commissione conferma l’interesse a lungo termine della realizzazione dell’accesso previsto, in connessione con la realizzazione del progetto di collegamento bi-nazionale. Tuttavia, date le incertezze relative al programma del tunnel di base, la commissione non è stata in grado di garantire che i rischi di saturazione e conflitti d’uso che giustificano la realizzazione del progetto si verifichino prima degli anni dal 2035 al 2040. Di conseguenza, classifica il progetto di accesso bi-nazionale come seconda priorità, indipendentemente dallo scenario finanziario considerato. Raccomanda un follow-up specifico delle condizioni di sviluppo del progetto complessivo, almeno secondo la periodicità di 5 anni che consiglia inoltre al fine di verificare regolarmente il probabile orizzonte di realizzazione degli accessi francesi”;

questa impostazione è stata confermata dall’approvazione da parte dell’Assemblea nazionale, il 18 giugno 2019, della “loi de mobilité” il cui allegato sulle politiche di investimento contiene l’impegno a definire (non ad avviare i lavori) la realizzazione della sua tratta nazionale entro il 2023, dando peraltro la priorità agli investimenti francesi fino al 2037 che contribuiscono principalmente al miglioramento del pendolarismo sulla base dello scenario n. 2 predisposto dal Conseil d’orientation des infrastructures (COI), scenario il quale programma tutti gli investimenti francesi sino al 2037, senza citare in alcun modo la realizzazione né il finanziamento della tratta nazionale francese della Torino-Lione;

se i rischi di saturazione e conflitto d’uso non sono destinati a manifestarsi nel breve-medio termine nella tratta francese, a maggior ragione sono destinati a non manifestarsi nella tratta bi-nazionale nella quale transita solo il traffico internazionale e non quello regionale francese, ben più intenso;

c’è da chiedersi, dunque, poiché la Francia ha posposto almeno sino al 2038 la decisione sul realizzare o meno la tratta Lione-tunnel transfrontaliero, basandola sull’insufficiente traffico, che senso abbia spendere almeno 10 miliardi di euro per costruire un tunnel di 57 chilometri che sfocerà su 140 chilometri di linea francese vecchia e a basse prestazioni. E, inoltre, se il traffico sulla tratta francese, che comprende numerosi treni regionali, è considerato insufficiente dalla Francia, come sia possibile giustificare la necessità del tunnel transfrontaliero, utilizzato solo dai treni internazionali che sono pertanto molto meno numerosi;

senza i 140 chilometri di tratta francese, del costo di almeno 10 miliardi di euro, il tunnel non ha comunque alcun senso in quanto sfocerebbe sulla vecchia linea francese a bassa capacità e basse prestazioni;

pertanto il tunnel transfrontaliero è destinato a rimanere solitario per diversi decenni e bisognerà che i due Stati finanzino la perdita d’esercizio di Telt una volta che il tunnel sarà in funzione dato che si dovrà scegliere tra avere un po’ di treni ma con pedaggi irrisori oppure nessun treno con pedaggi allineati ai costi gestionali;

sarebbe opportuno per lo meno posporre la realizzazione del tunnel e della tratta italiana sino al momento in cui la Francia delibererà la costruzione anche della sua tratta nazionale, evitando in tal modo di realizzare un grande mezza opera di nessuna utilità effettiva, dato che confluirebbe sulla linea francese storica a bassa velocità e capacità;

lo Stato francese in conseguenza del fatto che la società Telt, di diritto francese, paga le imposte in Francia e per effetto dell’Iva introitata sui lavori sul suo territorio nazionale, corrispondenti a circa i 4 quinti della lunghezza del tunnel transfrontaliero, avrà un notevole vantaggio finanziario che ridurrà vieppiù l’impegno di spesa complessivamente a suo carico;

rilevato che:

il progetto relativo alla linea ferroviaria di alta velocità Torino-Lione è stato concepito quasi 30 anni fa, in un momento storico, geopolitico ed economico-finanziario molto diverso da quello attuale. Tale progetto si basava su previsioni che oggi si possono analizzare con sufficiente obiettività, e che si sono rivelate del tutto irrealistiche e infondate;

posto che la diminuzione del traffico era (e rimane) un dato innegabile (sia comparato con i flussi transalpini della direttrice che attraversa Svizzera e Austria, sia in relazione alle infrastrutture ferroviarie che già esistono verso ovest), l’idea originaria di un collegamento ad alta velocità per i passeggeri connesso ad una più alta capacità di trasporto merci divenne poco credibile. Il progetto venne dunque riorientato ad un’ipotetica alta capacità “combinata”, che trasferisse il traffico merci da strada a rotaia: il tentativo, puramente strumentale, era quello di mascherarsi dietro criteri di sostenibilità ambientale;

è in quegli anni che nacque il soggetto attuatore, Telt, una società a partecipazione pubblica (50-50) italo-francese;

nel dibattito sulla linea TAV Torino-Lione ci si trova spesso di fronte a una pluralità di obiettivi confusi: l’integrazione italiana nelle reti internazionali di trasporto di merci, lo sviluppo economico del Nordovest, la riduzione dell’impatto ambientale del trasporto su strada, l’impatto macroeconomico dell’opera. È evidente come per ogni obiettivo ci siano molteplici possibili strade alternative da intraprendere: la scelta di concentrarsi solo sul progetto TAV non può, dunque, essere spacciata quale unica alternativa esistente;

nello specifico, rispetto al 1997 la riduzione del traffico merci in val di Susa, riconosciuta anche dal commissario del Governo nel 2017, è stata del 30 per cento. Attualmente il traffico ferroviario ammonta a 3 milioni di tonnellate, contro i circa 10 milioni dal 1980 e il 2000. La rete esistente può sopportare da 7 a 11 volte l’attuale traffico ferroviario merci: è evidente come i flussi non giustifichino in alcun modo la realizzazione di un progetto di tale portata;

i dati, infatti, se inseriti in un quadro di analisi del rapporto tra costi e benefici, conducono all’assunto che la TAV Torino-Lione non sia affatto conveniente sotto il profilo economico;

i costi dell’opera risultano assolutamente sproporzionati rispetto agli ipotetici benefici che ne deriverebbero: la teoria attuale, che vede un investimento italiano riducibile a 2-3 miliardi di euro, è del tutto fantasiosa. Nel 2012 (e si tratta di dati non ancora smentiti) la Corte dei conti francese quantificò il costo totale in 26 miliardi di euro, di cui soltanto 8,6 destinati alla tratta transnazionale e, dunque, coperti al 40 per cento dal finanziamento europeo. Per ciò che concerne la tratta internazionale (considerata prioritaria dal nostro Governo) il CIPE ha quantificato in 6,3 miliardi di euro il costo attribuibile alla competenza italiana;

l’intestardirsi sulla prosecuzione di tale progetto non è dunque connesso a ragioni economiche o giuridiche, ma è più che altro legato agli interessi di gruppi finanziari privati e all’impossibilità della classe politica di abbandonare un “mantra” sostenuto così a lungo: un’alternativa preferibile potrebbe essere, in tal senso, un grande programma di investimenti in piccole opere per la messa in sicurezza del territorio che risulterebbe più utile alla collettività, agli enti locali, alle comunità, e che comporterebbe benefici occupazionali di gran lunga superiori;

l’impatto ambientale dell’opera, contestato dalle comunità locali sin dall’origine del progetto, rimane tra l’altro devastante, soprattutto se si considera la presenza di amianto e uranio nella montagna da traforare (57 chilometri di tunnel) e i rischi idrogeologici connessi al necessario ventennale cantiere. Un elemento che smaschera l’attuale strumentalizzazione delle motivazioni di coloro che si oppongono alla realizzazione della linea: vengono paradossalmente attribuite loro posizioni volte a bloccare lo sviluppo sostenibile, necessario alla diminuzione dell’inquinamento connesso al traffico su strada;

sarebbe un obiettivo condivisibile se conducesse a un serio ripensamento del trasporto di merci, che trasferisca i tir sulla rete ferroviaria esistente. Non è tuttavia questo l’orientamento dei sostenitori della TAV, che si limitano a propugnare la costruzione di un’opera ciclopica con un impatto insostenibile sul piano ambientale. Le forze politiche che si sono ritrovate in piazza a manifestare a favore della linea Torino-Lione sono le stesse che da decenni si oppongono all’abolizione degli incentivi in favore del traffico stradale e autostradale: il “partito unico del cemento”,

impegna il Governo:

1) a non procedere alla realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione, bloccando le relative procedure d’appalto anche sostituendo i membri italiani della commissione intergovernativa italo-francese che sovrintende alle procedure tecnico-finanziarie che disciplinano la TAV, e revocando i membri del consiglio di amministrazione del promotore italo-francese dell’opera (Telt) e nominandone di nuovi;

2) a trasferire le risorse risparmiate sul trasporto ferroviario regionale, sulle principali tratte pendolari connesse alle aree metropolitane e sul trasporto pubblico locale;

3) in subordine, a bloccare l’allineamento temporale dei lavori di realizzazione della tratta transfrontaliera all’effettivo avvio dei lavori di realizzazione da parte francese della loro tratta nazionale (essendo stata cancellata dalla programmazione francese degli investimenti per insufficiente traffico e rinviata a dopo il 2038).

LA MOZIONE CONTRARIA DEI 5 STELLE

Il Senato,

premesso che ad avviso dei proponenti del presente atto di indirizzo:

il progetto per la realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino – Lione presenta gravi criticità dal punto di vista della sostenibilità economica, sociale ed ambientale, evidenziate nel corso degli anni da numerosi studi e ricerche;

sull’attuale linea si registra da tempo una continua diminuzione del traffico merci e del traffico passeggeri tra l’Italia e la Francia e le molte previsioni alla base del progetto dell’opera sono state smentite dai fatti;

si tratta di un progetto obsoleto, legato a modelli di sviluppo superati e non sostenibili, al quale è destinato un ingente ammontare di risorse finanziarie, che potrebbero essere finalizzate a opere più utili e urgenti, lungamente attese, da realizzare sul territorio nazionale;

sotto il profilo ambientale, gli studi dimostrano che il progetto genera danni ambientali diretti ed indiretti ai territori attraversati dall’opera;

con la legge 5 gennaio 2017, n. 1, dando seguito ai precedenti accordi tra Italia e Francia, è stata disposta la ratifica e l’esecuzione dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese per l’avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, fatto a Parigi il 24 febbraio 2015, e del Protocollo addizionale, con Allegato, fatto a Venezia l’8 marzo 2016, con annesso Regolamento dei contratti adottato a Torino il 7 giugno 2016;

nel contratto per il Governo del cambiamento, sottoscritto dalle due forze politiche che sostengono il Governo, è stato previsto che: «Con riguardo alla Linea ad Alta Velocità Torino-Lione, ci impegniamo a ridiscuterne integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia»;

alla luce di questo impegno, in ogni occasione di interlocuzione con i partner francesi e con le istituzioni europee, il Governo ha sempre sostenuto con chiarezza la volontà dell’Italia di ridiscutere l’opera nell’interesse del Paese e dei cittadini italiani;

lo Stato francese ha sempre manifestato la propria indisponibilità a ridiscutere l’opera, secondo quanto richiesto dal Governo italiano e nello scorso mese di giugno, con l’approvazione della legge sulla mobilità, ha confermato la propria intenzione di procedere nella realizzazione della TAV;

occorre, pertanto, una pronuncia del Parlamento volta ad escludere la prosecuzione delle attività connesse alla realizzazione dell’opera,

delibera di avviare, in sede parlamentare, un percorso immediato volto a promuovere, per quanto di competenza, l’adozione di atti che determinino:

1) la cessazione delle attività relative al progetto per la realizzazione e la gestione della sezione transfrontaliera del nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione;

2) una diversa allocazione delle risorse stanziate per il finanziamento della linea al fine di promuovere la loro riassegnazione all’entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente destinate ad opere pubbliche alternative, maggiormente utili ed urgenti, sul territorio italiano.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Back To Top