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Perché è emblematica la faccia felice di Roberto Fico accolto al Quirinale
Ecco quali sono i subbugli a 5 Stelle fra Grillo, Fico, Casaleggio e Di Maio in vista di un governo rosso-giallo. I Graffi di Damato
E’ emblematica quella faccia felice del presidente grillino della Camera Roberto Fico, accolto al Quirinale con tutti gli onori e ascoltato dal presidente della Repubblica in apertura, quasi, del rito delle consultazioni “ad alta velocità”, per dirla con Giannelli nella vignetta del Corriere della Sera, o a “rotta di Colle”, secondo l’espressione di copertina del manifesto, per la soluzione di questa crisi agostana di governo, convulsa come i temporali d’estate.
Fico non è solo presidente della Camera e terza carica perciò dello Stato, collocato in questa veste in testa all’elenco delle consultazioni al Quirinale. E’ anche, o soprattutto in questa congiuntura politica, uno degli esponenti di punta del Movimento delle 5 Stelle, peraltro reduce da un vertice conviviale convocato da Beppe Grillo nella sua villa al mare per dettare la linea alla vigilia delle dimissioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Di cui proprio Fico potrebbe anche essere il successore per un governo e una maggioranza col Pd al posto della Lega, vista “la falsa partenza” della crisi contestata dall’interessatissimo Fatto Quotidiano al segretario Nicola Zingaretti. Che ha posto in nome della “discontinuità” -contrastata, secondo il giornale di Marco Travaglio, da Matteo Renzi ma approvata all’unanimità dalla direzione piddina – un sostanziale veto alla conferma del professore.
Sbaglierò ma quella faccia felice, ripeto, di Fico smentisce da sola l’indisponibilità o ritrosia attribuitagli da qualche retroscenista a trasferirsi dal vertice di Montecitorio al vertice dell’attiguo Palazzo Chigi se si dovesse arrivare ad una solida intesa del suo partito col Pd, e ancor più se lui desse una mano in questa direzione. Che non è certamente difforme dalle sue idee e dai suoi umori, già espressi e sperimentati del resto l’anno scorso nella esplorazione sulla crisi di governo d’inizio di legislatura affidatagli dal presidente della Repubblica. Si sarebbe forse già arrivati allora al risultato di una maggioranza giallorossa, anziché gialloverde, se il pur già ex segretario del Pd Renzi non lo avesse impedito con una semplice intervista televisiva. In quel periodo, diversamente da oggi, “l’ebetino” -come Grillo chiamava Renzi- preferiva i popcorn ad un’intesa con i grillini, che gliene avevano dette e date di tutti i colori prima e durante la campagna elettorale battendolo clamorosamente col risultato del quasi 33 contro il quasi 19 per cento dei voti.
Chissà se Mattarella nel colloquio con Fico, pur con la cautela impostagli dalle circostanze e soprattutto dall’attesa dell’incontro odierno con la delegazione ufficiale del movimento grillino guidata dal vice presidente uscente del Consiglio Luigi Di Maio, non gli abbia chiesto qualcosa in più o di diverso rispetto a ciò che si è scritto sui giornali a proposito del vertice conviviale in casa dell’”elevato” e quant’altro delle 5 Stelle. Cui il presidente della Camera ha accettato volentieri di partecipare arrivandovi con tanto di scorta, non certo in incognito.
Di Maio, l’interlocutore ufficiale di Mattarella per conto del movimento grillino, ha ormai le ali bagnate dalle elezioni europee del 26 maggio scorso, ben prima quindi che il presidente della Repubblica di Francia, Emmanuel Macron, si togliesse pure lui i sassolini delle scarpe -come Conte ha fatto con Matteo Salvini al Senato- commentando la crisi di governo apertasi in Italia con l’indicazione del “ vero perdente” proprio nel capo formale delle 5 Stelle. Che impara così a flirtare con i rivoltosi in giallo di Francia.
Il giovane vice presidente e pluriministro uscente del governo Conte in quota grillina avrebbe peraltro da temere sia la formazione di un governo col Pd, non potendo certamente considerarsi un elemento di “discontinuità”, per dirla con Zingaretti, sia le elezioni anticipate. Che dalle sue parti, per quanto contrarie nella consapevolezza di uscirne a pezzi, forse anche peggio di fine maggio con le europee, sono talmente messe nel conto che Davide Casaleggio, o chi per lui, ha sollecitato i parlamentari morosi a pagare le trattenute mensili all’associazione o piattaforma Rousseau. La messa in regola con “le rendicontazioni” è stata reclamata entro il 2 settembre “in vista -è scritto nella comunicazione elettronica- di eventuali elezioni e dei relativi controlli da farsi per le candidature”. Un brivido deve avere percorso la schiena di molti destinatari di questa lettera.