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Per un centrodestra europeo serve anche il gruppo ID. Parla Campomenosi (Lega-ID)

Campomenosi, Lega-id

La strada per un centrodestra europeo, in vista delle prossime elezioni europee, è tutta in salita. Conversazione con l’europarlamentare della Lega-ID Marco Campomenosi

Le elezioni europee si terranno il prossimo giugno 2024. Un appuntamento elettorale ancora molto lontano ma che sta già scaldando gli animi dei partiti italiani, e non solo. In ballo c’è un obiettivo molto ambizioso: dare vita al primo un centrodestra europeo che raggruppi i partiti alla destra del PPE e che sia capace di influenzare la scelta del Presidente della Commissione Europea. Un’operazione storica che sta già incontrando le prime difficoltà. A iniziare dai veti del PPE su alcuni partiti come il Rassemblement National e Alternative für Deutschland.

Ne abbiamo parlato con Marco Campomenosi, capodelegazione per la Lega all’interno del gruppo politico Identità e Democrazia (ID).

Il ministro Antonio Tajani ha escluso il Rassemblement National e Alternative für Deutschland da un ipotetico centrodestra europeo nelle prossime elezioni europee. Cosa che non è piaciuta alla Lega. In che modo si può trovare una quadra?

Innanzitutto, abbiamo un anno per lavorare al centrodestra europeo. E poi alcune delle cose che stanno avvenendo in queste settimane dimostrano che escludere qualcuno sarebbe la via sbagliata. In Parlamento siamo riusciti a bloccare un’iniziativa dannosa per il mondo dell’agricoltura e della pesca, il cosiddetto Nature Restoration, e se l’iniziativa del PPE di votare contro ha avuto successo è proprio grazie al voto compatto di tutto il gruppo ECR e di tutto il gruppo ID di cui fa parte la Lega. Certo riconosco anche che all’interno del gruppo ID, al momento, i partiti con una storia di governo sono pochi, c’è la Lega che è anche in maggioranza, poi ci sono gli amici austriaci che sono all’opposizione, ma che sono assolutamente il primo partito in ogni sondaggio, e che in passato hanno avuto incarichi di governo. Noi, però, siamo assolutamente convinti che siano tutte forze che potranno dimostrare il loro senso di responsabilità. Tra l’altro in questa legislatura, che si sta completando, il PPE, fino a poche settimane fa, ha seguito un’agenda dettata dalle sinistre e dei Verdi.

Parla della transizione ecologica?

Non siamo contrari a ogni aspetto della transizione, anzi, però si è un po’ esagerato. Secondo noi non si è data la giusta considerazione al tema della capacità del nostro continente di essere competitivo nel mondo del lavoro, nel mondo dell’impresa e di poter investire in maniera concreta sul futuro. Nella prossima legislatura occorrerà correggere il tiro di alcuni provvedimenti ed è per questo che credo si debba fare un lavoro anche in Parlamento, le cui basi si stanno gettando in Consiglio.

Cosa intende?

Intendo che ogni volta che cambia la maggioranza in un paese dell’Unione in Consiglio c’è un effetto che appare già prima. La Svezia, la Finlandia, l’Italia e può darsi fra qualche settimana anche la Spagna in questi mesi hanno cambiato colore politico e hanno cominciato a portare un messaggio diverso in Consiglio europeo. Il Partito Popolare Europeo, dove abbiamo tanti amici alleati, in questo momento vede al governo solo Forza Italia, se pensiamo ai quattro paesi principali, cioè la Germania, Spagna, Francia e Italia. Addirittura, il PPE rischia di non avere parlamentari europei in Francia perché ormai Marie Le Pen ha cannibalizzato ogni alternativa di centrodestra. In Germania abbiamo una CDU che paga l’aver sostenuto così apertamente le proposte di Von der Leyen, che ricordo è un’esponente della CDU tedesca che vede, ogni settimana, crescere sempre di più Alternative für Deutschland.

Secondo lei Alternative für Deutschland è una forza pienamente democratica? Può far parte del centrodestra europeo?

È un partito nuovo che ha all’interno una vivacità che la fa vedere come una forza non ancora pronta per un certo passaggio. Però queste sono anche le vicende di un partito giovane, nuovo, che sta però raccogliendo un sacco di consenso da parte degli elettori delusi dalla sinistra e dal palazzo. Ha una vivacità dirompente e che al suo interno vede una parte consistente, profonda, euroscettica. È questo che non viene accettato dalle Istituzioni europee. Tra l’altro credo che abbia giovato degli attacchi che ha subito, da parte di qualcuno che cercava di rappresentarlo come un partito non ammissibile dalla costituzione tedesca. Ricordo solo un dettaglio. Hanno una leadership che è composta da un uomo e una donna e la donna convive con un’altra donna e ha due bambini con lei. Quindi cose che certi partiti di centrodestra, in Italia, nemmeno considerano possibili. Quindi in verità Alternative für Deutschland è un partito molto interessante da studiare, da valutare e che non ha nulla a che fare con un disegno estremista che gli viene attribuito. È il partito che nel Bundestag tedesco ha più persone che vengono dalla carriera universitaria. Io conosco molto bene la Germania e posso dire che il ventennio merkeliano è stato un’ubriacatura collettiva che poi ha fatto risvegliare tutti in una situazione di dipendenza forte dalla Russia, che abbiamo ben conosciuto in quest’anno di guerra.

Magari è un processo che può richiedere del tempo.

Il problema è che c’è un’urgenza: l’attuale maggioranza di sinistra, con il supporto decisivo del PPE, non è stata capace, e non lo sarà, di portare il nostro continente alla capacità di essere competitivo nello scenario globale e quindi occorre rimediare. Quindi, per esempio, a iniziare dai nomi dei futuri presidenti di Commissione europea che non possono comprendere Ursula Von der Leyen, la Presidente che si è dimostrata incapace, per esempio, di gestire le pressioni di Timmermans sui temi ambientali.

Chi vedrebbe bene nel ruolo di Presidente della Commissione Europea espressione di un centrodestra europeo?

Guardi un nome ce l’ho ma preferisco non farlo perché non voglio bruciarlo. Posso solo dirle solo che è una donna, molto brava, del PPE. Ma non voglio spendere il suo nome perché ci credo veramente.

In che modo potranno convivere all’interno di un unico centrodestra europeo le diverse famiglie politiche e le diverse appartenenze nazionali?

Le rispondo così: “In che modo certi partiti che hanno detto che questa alleanza non vogliono siglarla, potrebbero convivere di nuovo con una maggioranza che ha offerto una certa deriva antindustriale, anti lavoro, anti mondo del lavoro?”. Certo a livello di numeri è molto più facile, a livello di sostegno da parte del mainstream è molto più facile. Ma credo che per il PPE sarebbe l’annientamento definitivo e totale se scegliesse ancora una volta di governare con la sinistra. Credo che sarebbe l’ultima volta. Perché a quel punto gli elettori comprenderebbero che non è più partito di centro, liberale, moderato di centrodestra, ma che è strumentale a politiche legittime ma di altri schieramenti politici. Quindi noi comprendiamo che sia complesso, che sia un cammino difficile e comprendiamo che la scelta poi spetta agli elettori. Ma se parte oggi è un dibattito di questo tipo, almeno gli elettori avranno le idee chiare e sapranno chi si impegna e per cosa nei diversi schieramenti.

Come cambiano gli equilibri in Europa, nel caso in cui Vox dovesse raccogliere un risultato molto positivo alle prossime elezioni?

Sarebbe molto positivo se in Spagna si arrivasse a un accordo tra Vox e il Partito popolare, perché credo che sia un po’ quello che poi è avvenuto in altri paesi, con in Italia, Fratelli d’Italia è alleato di Vox nel gruppo di ECR. Anche in questo caso, Vox è un partito nuovo. Io stesso ho incontrato il leader, Santiago Abascal, che mi ha raccontato che l’escalation che hanno avuto, anche alle elezioni locali, li ha portati a formare una classe dirigente in poco tempo. Un eventuale governo di centrodestra in Spagna credo possa collaborare con l’Italia in Consiglio per influenzare il lavoro della Commissione europea ancora prima delle elezioni del giugno prossimo. Mi preme ricordare che le elezioni riguardano solo il Parlamento europeo ma il Consiglio è decisivo nel legiferare insieme a noi sulle proposte che fa la Commissione.

Ieri c’è stato un incontro in remoto tra Matteo Salvini e Marine Le Pen. Nei giorni scorsi si è parlato di una sorta di alleanza preelettorale alle prossime elezioni europee tra la Lega e il Rassemblement National. È solo una voce, diciamo giornalistica, oppure c’è qualcosa di vero?

Noi facciamo maggior parte dello stesso gruppo politico, il gruppo ID; quindi, faremo delle iniziative in questi mesi, verosimilmente a settembre. Probabilmente non parteciperanno i leader, parteciperanno solo i parlamentari europei, ma saremo a Lampedusa proprio per capire bene e far capire bene anche ai nostri colleghi degli altri paesi com’è il fenomeno dell’immigrazione, qual è la situazione come l’Italia la sta gestendo. È chiaro che ogni gruppo politico, da qui al prossimo giugno, quando ci saranno le elezioni europee, farà la sua campagna elettorale, le sue iniziative. Non credo che andremo a proporre un candidato nostro alla presenza della Commissione europea, perché comunque conosciamo i nostri limiti, ma è chiaro che faremo iniziative insieme a loro e agli altri nostri partner.

La Francia ha appena vissuto una settimana molto difficile. Rivolte, che hanno ricordato quelle del 2005, sono scoppiate in tutto il paese. Quale messaggio arriva alle politiche centriste di Macron?

Lei dice che centriste, ma chissà. Il partito di Macron è un partito stranissimo, qui in Parlamento europeo ha inviato dei deputati, alcuni di questi sono assolutamente identificabili con la sinistra tradizionale, con i Verdi, altri hanno un approccio più liberale. È veramente un raggruppamento artificiale, lo si dice anche troppo poco, che ha quasi completamente annullato i partiti tradizionali francesi, sia i cosiddetti repubblicani che il partito socialista, che sono ai minimi termini ormai da un po’ di tempo.

Secondo me si è permesso all’estrema sinistra di avere il ruolo del cosiddetto “Ni Ni”, né con Macron né con Marine Le Pen, che ha un po’ giocato a difesa di quei ceti abbandonati, delle banlieues, delle periferie delle grandi città francesi. Infatti, quello che scandalizza molto in questi giorni è la frase di Mélenchon che dice “Io non invito alla calma, io chiedo giustizia”. Quindi sembra quasi giustificare i moti di rabbia che riguardano persone di terza, se non quarta generazione, nell’ambito di una situazione di abbandono di queste periferie che è lo stesso che Marine Le Pen ha denunciato da tanti anni. Tanto è vero che Marine Le Pen prende i voti da quelle periferie abbandonate, da quei francesi anche di origine immigrata, che ovviamente non condividono quel modo di protestare o da ex elettori di sinistra, in aree che tradizionalmente erano della sinistra, dei cosiddetti sconfitti della globalizzazione, di chi non è considerabile nel magico mondo di Macron che è fatto molto di apparenza. Quello che è accaduto in questi giorni ci deve far riflettere sulla gestione del fenomeno dell’immigrazione, delle periferie, a tanti temi e non ultimo il fatto che qualcuno ha fatto riferimenti di tipo islamista. Un’offesa non solo ai cristiani ma anche agli islamici che di certo non condividono quelle posizioni. I fatti hanno dimostrato che tantissime delle persone che sono scese in piazza, abbiano usato il tragico evento dell’uccisione di quel giovane come un pretesto. Questo purtroppo è emerso abbastanza chiaramente.

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