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“Killer e dittatori”. L’asse Biden-Draghi contro il torpore democratico

Biden Draghi

Con due parole Biden e Draghi hanno tentato di risvegliare il fronte delle democrazie liberali contro i regimi autoritari?

Difficile pensare che non fosse in qualche modo coordinato se non concordato. Complicato giudicare se abbiano fatto bene o male e quali saranno le conseguenze sul piano delle relazioni internazionali a lungo termine. Ma in molti tra colleghi e amici, docenti di storia delle relazioni internazionali e storici dell’economia, sostengono che il “killer” di Joe Biden indirizzato a Vladimir Putin e il “dittatore” pronunciato da Mario Draghi verso Recep Tayyip Erdogan non siano state parole sfuggite per errore.

È possibile anzi ipotizzare che Biden e Draghi, come leader di Stati Uniti e Ue, abbiano voluto creare un asse transatlantico in favore della democrazia, sempre più minacciata dalla crescita dei regimi autoritari.

L’ASSE USA-UE, BIDEN-DRAGHI

L’uno è il nuovo Presidente democratico della prima potenza mondiale. Ha voluto dare un segnale a tutte le democrazie liberali, per compattarle e rafforzare il legame transatlantico in funzione non solo anti-russa ma anche anti-cinese.

Il secondo, Draghi, non è solo il nuovo premier italiano. Da governatore uscente della Bce è anche uno dei principali leader dell’Ue, se non addirittura il più importante. Ancor di più considerando il suo standing internazionale e la “debolezza” di cui sono stati accusati la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e il presidente di turno del Consiglio Charles Michel dopo il “sofagate” – ma anche i recenti silenzi dell’alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell, della cancelliera tedesca in uscita Angela Merkel e del presidente francese Emmanuel Macron.

von der Leyen

UN NUOVO APPEASEMENT?

Sembra infatti assordante il silenzio del leader Ue sulle recenti “marachelle” di alcuni “dittatori”.

Innanzitutto i problemi interni. Nessuna azione per difendere i diritti delle donne e delle persone LGBT dalle minacce di Ungheria e Polonia. Nessuna per difendere i diritti degli extracomunitari rinchiusi nei campi in Grecia e nei Balcani (e non solo).

Oltre i confini: nessuna presa di posizione nei confronti di Putin per aver avvelenato e ora rinchiuso l’oppositore Alexei Navalny, non una parola contro il presidente egiziano Al Sisi per ciò che si presume il suo regime abbia fatto al nostro ricercatore Giulio Regeni e ciò che sta facendo ad altri suoi colleghi (vedi Patrick Zaki – peccato non si abbia avuto modo di parlarne durante l’ultima conferenza stampa di Draghi).

Nessuna presa di posizione nemmeno nei confronti di Mohammed Bin Salman dopo il brutale assassinio del giornalista Jamal Khashoggi compiuto nel consolato saudita a Istanbul.

Non una reazione per ciò che è accaduto in Bielorussia dopo le ultime elezioni e la seguente repressione organizzata dal presidente Lukashenko. E ancora silenzio per i tanti casi di arresti arbitrari di giornalisti, intellettuali, attivisti, dissidenti politici, studenti e professori universitari registrati nella Turchia di Erdogan.

Sembra sempre più difficile condannare apertamente i regimi altrui se nel proprio passato, coloniale o imperiale, si hanno macchie come quelle degli Stati Uniti o della Francia (Iraq e Libia solo per fare due esempi), ma prima delle parole di Biden e Draghi stavamo forse assistendo a una specie di appeasement come quello avuto prima della seconda guerra mondiale nei confronti della Germania di Hitler?

PERCHÈ DIRE “KILLER” E “DITTATORE”

Come ha spiegato Paolo Soave, professore di Storia delle Relazioni internazionali dell’Università di Bologna, “Biden ha ripreso una formula già usata e un po’ scontata anche nel campo democratico, quella di additare il nemico utile, utile perché meno pericoloso e più adatto a ricompattare sotto le sfilacciate insegne della Nato gli europei (ricordi che Macron disse che la Nato ha encefalogramma piatto?). Allo stesso tempo l’approccio alla Cina, il nemico temibile, è più pragmatico e meno retorico”.

“Draghi, uomo organico alle istituzioni liberaldemocratiche, sta riallineando l’Italia all’Atlantico e conseguentemente parla da leader dell’Ue, cosa interessante visto che la Merkel sta per uscire di scena, dopo qualche variazione sul tema della precedente fase politica dei 5 Stelle”.

“In entrambi i casi si tratta di Public Diplomacy risoluta. Non ricordo capi di governo italiani che si siano pronunciati con questa forza, mentre Biden sta forse sfruttando il nuovo gergo politico americano inaugurato dal suo predecessore”.

Sembra dunque che Draghi stia cercando un “allineamento perfetto” fra Italia, Europa e Stati Uniti – cosa per nulla facile. “Ma se ciò riesce – ha concluso Soave – potrebbe tornarci molto utile in Libia per contenere proprio i turchi”.

Draghi eurobond

IL FRONTE DELLE DEMOCRAZIE LIBERALI

Le frasi di Biden e Draghi non sembrano dunque essere casuali. Anzi, come aveva detto anche Paolo Wulzer professore dell’Università di Napoli L’Orientale, “il clima è un po’ cambiato rispetto ad alcuni anni fa, c’è un ritorno alla retorica di democrazia e diritti umani. Nell’articolo firmato da Biden e pubblicato su Foreign Affairs, ad esempio, il richiamo alla visione di un sistema stabile di democrazie nel mondo è forte”.

“Pur non invertendo la rotta rispetto al retrenchment inaugurato da Obama gli Stati Uniti di Biden potrebbero tornare a guidare il fronte delle democrazie liberali. Obama aveva assistito con passività all’implosione della Siria, lasciando spazi geopolitici per l’intervento di altre potenze esterne, a partire dalla Russia. Con Biden potrebbe invece tornare enfasi sulla retorica sulla necessità di consolidare il fronte delle democrazie contro i regimi dittatoriali”.

GLI ALLEATI DI USA E UE

Wulzer aveva già spiegato a Policy Maker che la politica estera degli Stati Uniti sarebbe stata più orientata al rafforzamento delle relazioni con Ue e alleati asiatici (Giappone in testa), in opposizione a Cina e Russia.

“In Medio Oriente è probabile che Biden non rinnegherà gli accordi raggiunti da Trump con Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein, ma forse tenterà di togliere dall’isolamento trumpiano l’Iran”.

Prima delle frasi di Biden e Draghi, Wulzer aveva anche detto che nel Mediterraneo, proprio per il discorso dell’attenzione ai valori e ai princìpi della democrazia, potrebbero esserci ripercussioni nelle relazioni con la Turchia di Erdogan, l’Egitto di Al Sisi e l’Arabia Saudita di Bin Salman, anche se questi Paesi difficilmente potranno allontanarsi in maniera strutturale dagli Stati Uniti.

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